DAGLI AMICI DEL "NO DAL MOLIN"

“ METTIAMO RADICI AL DAL MOLIN”

E’ con questo slogan che, da alcune settimane, i vicentini raccolgono quote per acquistare collettivamente il terreno che da oltre due anni ospita i tendoni del Presidio Permanente.
L'ennesima follia – la spesa preventivata, tra acquisto del terreno, tasse, ed espletamento delle procedure burocratiche, si aggira intorno ai 50 mila euro – che i No Dal Molin vogliono trasformare in sogno realizzato. Un gruzzolo non da poco, quello da raccogliere, che i vicentini contano di racimolare grazie allo spirito comunitario del proprio territorio e alla solidarietà da sempre espressa da ogni angolo d'Italia.


DAGLI AMICI DEL "NO DAL MOLIN”

“ METTIAMO RADICI AL DAL MOLIN”

E’ con questo slogan che, da alcune settimane, i vicentini raccolgono quote per acquistare collettivamente il terreno che da oltre due anni ospita i tendoni del Presidio Permanente.
L'ennesima follia – la spesa preventivata, tra acquisto del terreno, tasse, ed espletamento delle procedure burocratiche, si aggira intorno ai 50 mila euro – che i No Dal Molin vogliono trasformare in sogno realizzato. Un gruzzolo non da poco, quello da raccogliere, che i vicentini contano di racimolare grazie allo spirito comunitario del proprio territorio e alla solidarietà da sempre espressa da ogni angolo d'Italia.


UN SOGNO A COLORI

Da sempre ho bisogno di disegnare o dipingere quasi ogni giorno. Ma da un po’ di tempo ho scoperto un sistema davvero magico di elaborare i miei dipinti. Eseguo una pittura a tempera ripresa con passaggi di colori ad olio, caricata di smalto essiccante perché si asciughi in fretta. Quindi infilo la tavola nella fotocopiatrice e la programmo in modo che mi riproduca un’immagine cromaticamente capovolta, cioè là dove nell’originale c’è il giallo senese apparirà un blu di cobalto, dov’è il rosso faccio apparire il violetto e così via: il nero si tramuta in bianco e l’arancione in verde, e viceversa.

Questa folle operazione non la eseguo da solo, mi faccio aiutare da Giselda o da Carlotta, due assistenti nate col computer inserito in capo. Spesso il risultato è disastroso: le immagini che riappaiono hanno perso volume, le ombre proprie e quelle portate sono sparite, per non parlare dei tagli di luce, che nell’originale esaltano le figure ma qui sono defunti. In altri casi, invece, si produce una metamorfosi davvero sorprendente: il dipinto acquista una profondità inaspettata, soprattutto il movimento compositivo è esasperato al punto da farlo apparire un mosaico surrealista, dove le figure sembrano sortire dalla tavola in una quarta dimensione.
Finita l’operazione, infilo la migliore variante del dipinto nella fotocopiatrice, una macchina di ultima generazione, e aiutato dalle due assistenti cerebrocomputerizzate, ordino al computer di eseguire nell’ultima versione nuove varianti d’impianto. Il taglio di luce diventa nero, e l’ombra chiara, come se le figure fossero illuminate da due lati. Il cielo è verde veronese, i personaggi sembrano inseriti ad altorilievo. Suggerendo al computer poi altre varianti, arriviamo pure a muovere ogni dettaglio di immagine, farlo esplodere, ricomporre e soprattutto si giunge ad agitare le figure di ragazzi e ragazze come danzassero e giocassero ad arrotolarsi uno abbracciato all’altro.
Di volta in volta il risultato è di assistere ad un gioco di ribaltamento paradossale, ad ogni sfornata appaiono dipinti di scuole diverse, ecco un quadro Fauve, poi un metafisico, un periodo blu di Picasso e un’affresco bizantino. A questo punto provo ad infilare nel riproduttore una pittura di Cimabue in cui il bianco di base (la biacca) per cause chimiche si era trasformato in terra gialla e in nero, una specie di foto in negativo. Ordinando al computer di rovesciare l’immagine, ecco che si vede riapparire l’affresco più o meno come era stato dipinto dal maestro di Giotto. Proprio un miracolo!
Nei giorni appresso mi sono lasciato andare addirittura ad una specie di profanazione da arresto immediato, ho usato lo stesso sistema con dipinti di Leonardo, Raffaello, Michelangelo e perfino di Simone Martini. Il risultato era ogni volta da urlo. Spesso la pittura che ne sortiva era delicata come provenisse dai provenzali, altre sembravano pitture egizie.
Ma presto mi sono reso conto che questo gioco stava diventando pericoloso. Guardavo un dipinto o una foto stampata su un quotidiano e mi appariva subito trasformata dal cervello alla maniera del computer.
Il guaio è che questa tendenza alla deformazione metamorfica ha cominciato a manifestarsi anche con le immagini reali, addirittura guardando le mie collaboratrici e perfino Franca. All’istante le vedevo tradotte in figure atzeche o minoiche e poi ancora allungate e sinuose come ritratti di Modigliani in movimento.
Non vi dico cosa mi è capitato ponendomi dinanzi allo schermo della televisione.
Soprattutto facendo zapping, mi è accaduto di transitare per un documentario sulla fauna africana dove gazzelle s’abbeveravano al fiume insieme a ippopotami, e di colpo ecco un getto d’acqua dal quale esplode l’immagine di un coccodrillo che si divora una malcapitata preda. E poi le scimmie che volano di ramo in ramo inseguite da un giaguaro che riesce quasi a correre in equilibrio sui rami e più in basso serpenti e iguana, come draghi in miniatura.
Passo su un altro canale e mi ritrovo al Parlamento con volti di politici che si muovono chiacchierando come al solito nell’ emiciclo, fra un banco e l’altro, ma ecco cambiano ritmo e camminata, oscillano come fossero capre dell’Africa nord-orientale. Gracchiano come corvi in fila sui rami, in attesa delle prede squarciate da qualche belva affamata. Deputati e ministri femmina si trasformano in fenicotteri azzurri e rosa inseguiti da scimmie moleste.
All’istante il branco dei babbuini si sbraccia urlando contro un loro simile che ha preso la parola per un discorso. Leoni spelacchiati ruggiscono minacciosi, una iena azzanna un lurido avvoltoio, che a sua volta lo sbeccheggia in pieno cranio.
Andreotti sta seduto impassibile, è l’unico che non si trasforma, non ne ha bisogno…
Mi accorgo che ci sono animali che continuano a tramutarsi in specie diverse. Ce n’è uno che da canguro diventa ornitorinco, e poi ancora porcospino… ma non ci si trova bene, decide di tramutarsi in porco semplice, senza spine.
Ma ecco che suona una campanella. Gli onorevoli animali sono presi come dal panico: corrono di qua e di là prendendo posto sugli scranni. Qualcuno azzanna l’animale che gli ha portato via il posto.
Si fa silenzio, sta per entrare in scena il capobranco dominante. Nell’operazione di assestamento, gli animali all’unisono si tramutano in bracchi, setter e altri cani da riporto. Di colpo ci si accorge che tutti hanno il collare e calzano il cappottino a mo’ di livrea, con i colori dell’allevamento a cui appartengono. Si riconoscono l’un l’altro grazie all’odore. Infatti si annusano come di regola il sedere, e alcuni si rizzano per montare la femmina più attraente. Purtroppo le femmine sono in numero limitato, quindi i più si accontentano di tentare una rapida accoppiata con un maschio scelto a caso.
Quattro mastini guardaspalle fanno largo per l’ingresso del dominante, che si porta su un seggio rialzato da tre cuscini. Tre levrieri femmina gli vanno incontro. Lui le annusa, le femmine sollevano le code per comunicargli la loro dedizione.
Si vota per le riforme di legge contro la violenza sessuale e il rimpatrio dei clandestini. Lo schermo proietta la rivolta degli immigrati imprigionati a Lampedusa.
Un vescovo abusivo entra in scena urlando: “Quegli uomini hanno ragione di ribellarsi: li state trattando da bestie!”
Risposta di alcuni canidi: “Ma sono bestie! Come noi, del resto”. E il vescovo ribatte: “Li tenete stipati come galline allevate in batteria, senza servizi igienici”
“Sì, in batteria, ma non fanno uova!” risponde un latrato anonimo.
 E il vescovo di rimando: “Ammassati in stanze dove stanno uno sull’altro”.
“Ma c’è modo e modo di protestare – grida un senatore da riporto – Quelli hanno dato fuoco ai materassi, alle brande, e hanno mandato in fiamme tutto il loro pollaio… pardon, volevo dire porcile…
“A proposito di porci e porcili – dice ad alta voce il maschio dominante, che per l’occasione si è trasformato in bassotto col toupè e la cappottina a doppiopetto – ho cattive notizie sull’andamento dell’economia”.
E tutti in coro: “Possibile? Ma stai scherzando?”
“No, sto dicendo il vero. Io ve le riferisco ma vi avverto che se voi le divulgate, io dico che ve le siete inventate, e son pronto a giurarlo sulle teste dei miei cinque figli… o sono sei?… no, sono quattro… oh beh, non ricordo… insomma non stiamo a polemizzare! Il fatto è che le imprese che fabbricano prosciutto, culatello e salumi in genere stanno andando in malora. Negli ultimi mesi in tutto il mondo ma soprattutto in Italia, c’è stato un crollo di vendite spaventoso. Lo stesso sta succedendo con le auto. Specie da noi, non se ne vendono più: un crollo del quarantacinque per cento. Le uniche che vanno sono quelle a motore ecologico. Ma la Fiat ne produce un minimo, a differenza dei giapponesi, i tedeschi e perfino gli americani, con quell’Obama, che stanno spingendo sull’elettrico, sull’ibrido, sui propellenti puliti come ossessi. E pensare che i nostri governi, coglioni, tanto da sinistra che da destra, alla Fiat hanno regalato miliardi per anni e anni perché facessero ricerca e si buttassero sull’ecologico. Ma loro, imbecilli, per i loro motori privilegiavano il petrolio, ed ecco qua: petrolio e petrolieri vanno a picco a loro volta, e tirano sotto anche tutto il mercato della plastica, dei fertilizzanti, pneumatici, catrame, asfalto e affini. Ma non finisce qua. Crollano anche le banche, nessun istituto di credito si fida dell’altro. Naturalmente crollano anche le assicurazioni. È inutile che mi guardiate così. Sì, ci sono di mezzo anch’io. Per fortuna la televisione tiene ancora, e perdìo guai a chi me la tocca. Gli sparo con la pistola, anzi no: con un kalashnikov, anzi un bazooka! A proposito, mi dimenticavo: sta crollando anche il mercato delle armi. Stiamo proprio in piena catastrofe: non potremo nemmeno tirarci un colpo in testa. Ma guai a voi se ne fate parola intorno, perdìo; la gente, il popolo non deve sapere. Bisogna continuare a convincerli ad essere ottimisti. D’accordo, lo so che essere positivi, aver fiducia in ‘sto momento è da coglioni. Ma se i nostri sudditi – pardon, i nostri elettori si rendono conto fin dove li abbiamo portati… se prendono coscienza, siamo tutti nella merda fino alla bocca, e guai a chi fa l’onda. Ingoiate senza far gargarismi… è da scostumati. Fiducia! Fiducia, anche se ci troviamo al bordo del cataclisma.
E sapete qual è il guaio più grande, il vero disastro? Il fatto che Veltroni tutto a un tratto si sia dimesso, e che il Pd si stia sfasciando. Si muovono come tanti allocchiti: “Che si fa, facciamo le primarie? no rimandiamo, andiamo a votare alle europee così alla borlona, poi vedremo… se crolliamo del tutto faremo un funerale stupendo”. E così ci hanno fregati.
Un boxer che si sta grattando le pulci sussulta ed esclama: “Come, ci hanno fregati? In che senso?”
E il capobranco:   “Nel senso che è tutto pianificato. Ci hanno mollato a bella posta, lasciandoci senza opposizione. E adesso come facciamo? Senza di loro, con chi ce la prendiamo, noi? A chi diamo la colpa del disastro che succede? Chi lascia arrivare qui gli extracomunitari? Chi è responsabile della violenza dei clandestini? Voi non l’avete capito perché siete una massa di inetti senza cervello, ma questo di chiamarsi fuori, di sparire dalla politica è un colpo da genio che ci ha giocato quel serpente di D’Alema. È lui che ha avuto st’idea geniale di sganciarsi dalla politica. Senza un contraddittorio con una sinistra squacquera come si era ridotta, che siamo? Non siamo più una democrazia. Finalmente potranno gridare che siamo un regime”.
Tutti i canidi del Parlamento e del Senato guaiscono spisciacchiando qua e là senza manco sollevare la zampa. Le immagini della seduta, a cominciare da quelle proiettate in televisione stanno sbianchendo, perdono di croma e svaniscono.

DARIO FO: ZANNI E LA NASCITA DEL CAPITALISMO IN ITALIA

"Pochissimi sanno che il capitalismo è nato in Italia. Di questo dobbiamo essere orgogliosi. (Quando dico queste cose all'estero rimangono un po' sbalorditi, è ovvio, perchè ci pensano sempre mandolinisti e pasciuttari oltre che grandi corteggiatori di femmine). E' un fatto di orgoglio straordinario che il capitalismo sia nato da noi grazie alle banche, simbolo della nostra civiltà rinascimentale, stendardo dell'alta borghesia, alta nel senso di valore, senza fare dell'ironia. Il Magnifico, da cui ha avuto origine la maschera grottesca del nobile decaduto, era un banchiere. Le famiglie più importanti di Firenze sono famiglie di banchieri: non è un caso che chi si è appropriato del titolo definitivo di scopritore delle Americhe fosse un Vespucci, rampollo di una famiglia di banchieri i quali, essendo i sovvenzionatori della seconda, terza e quarta spedizione di Colombo, mandarono il figlio Amerigo a controllare che il genovese non si fregasse la roba. E' sintomatico che l'America abbia il nome di un banchiere.

Per la genialità dei banchieri di quel tempo, a Venezia si è inventata la "maona". La "maona" è il pacchetto delle azioni commerciali offerte in vendita ai cittadini e, per la prima volta nella storia dell'umanità, non sono più i re, i principi, i duchi a organizzare le guerre, ma direttamente le banche, che coinvolgono, naturalmente, tutti i cittadini abbienti e coraggiosi. Ogni cittadino diventa partecipante e, soprattutto, sollecitatore di guerre. Guerre di colonnizzazione, s'intende..." e così colonizzarono l'oriente e "...le derrate alimentari arrivavano sui mercati di tutta Italia a prezzi dimezzati, cosicchè i contadini, gli Zanni in particolare, si trovarono al fallimento..."

"Manuale minimo dell'attore" (ed. Einaudi).


DARIO FO E PIERGIORGIO ODIFREDDI: RACCONTARE DARWIN

La scienza, quest'anno, diventa spettacolo: i 200 anni di Darwin e i 150 de L'origine della specie, e l'anno astronomico che celebra i successi di Galileo. Oggi ci occupiamo ancora di Darwin, ma semplicemente per raccontare l'incontro/conferenza informale di ieri alla Libreria Feltrinelli di Piazza Piemonte a zstrong>Milano. Protagonisti indiscussi Piergiorgio Odifreddi, logico e matematico, professore ordinario all'Università di Torino, e l'attore e Premio Nobel per la letteratura Dario Fo. I due protagonisti arrivano in libreria insieme, accolti da una platea già folta ben un'ora prima dell'inizio ufficiale dell'incontro con un caloroso applauso.
E l'incontro inizia anche un po' prima rispetto al previsto: dopo aver fatto salire una parte del pubblico sul palco preparato dalla libreria, viene innanzitutto introdotto l'ultimo libro di Odifreddi, In principio era Darwin. Dal racconto emergono alcuni punti interessanti: in particolare vorrei sottolineare la discussione (che andrebbe fatta in maniera approfondita anche in Italia) su quando e come sarebbe utile introdurre l'evoluzione nelle scuole, non certo se sia il caso: è indubbia, e ciò emerge chiaramente, l'importanza di tale teoria nel panorama scientifico mondiale, così come sono stati importanti i contributi dei ricercatori che hanno succeduto Darwin.

Odifreddi, in particolare, nota come questo libro sia differente rispetto ai suoi precedenti (in effetti lo aveva già notato una sua zia: Non ti riconosco più! Non ci sono battute!), e non solo per una drastica riduzione delle battute srgute tipiche dello scienziato-scrittore, ma anche per l'anomalia di come questo è nato ed è stato scritto.
Andiamo con ordine: per quel che riguarda le battute unica eccezione il solito accenno al cattolicesimo e al papa. L'attuale papa Benedetto XVI, come ci riferisce Odifreddi, ha detto: Il momento di passaggio dall'animale (o scimmia) fino all'essere pensante è il momento in cui inizia a farsi un'idea di Dio. In definitiva il tanto cercato anello mancante è probabilmente un possibile homo religiosus. E giusto per non farsi mancare niente, il tutto ricordando che il papa è il primate di Roma!
La nascita del libro. In principio era Darwin nasce per caso, nel senso che non è stato programmato fin dall'inizio dall'autore. A Sarzana, in occasione del Festival della mente, Odifreddi nelle ultime tre edizioni è stato invitato a fare letture da saggi scientifici. I classici, che come lo stesso Odifreddi ha confermato, non sono una lettura usuale per i giovani ricercatori (confermo!), ma solo all'avvicinarsi della maturità, sono stati nell'ordine di edizione: Galileo, Einstein, Darwin. Per affrontare questa lettura il buon Odifreddi ha iniziato a documentarsi sull'evoluzione, quindi leggendo sia le opere di Darwin, su tutte L'origine della specie, Il diario del viaggio sul Beagle, L'origine dell'uomo. Un libro nato quindi da un percorso complesso che ha permesso al professore anche di conoscere a fondo Darwin e la vastità dei suoi interessi (dai piccioni, ai lombrichi, passando per le orchidee e molto altro): non poteva, ovviamente, mancare un capitolo dedicato alla matematica, in cui parla della teoria matematica dell'evoluzione sviluppata da Hardy e Weinberg. In questo caso una piccola sfida alla platea e una citazione papale: innanzitutto l'invito a ricordare il quadrato di un binomio, quindi la battuta

Questa sera andate dai vostri bambini... e chiedetegli di insegnarvi la formula!

Dario Fo, invece, si concentra, con la sua grande abilità di narratore, sull'umanità di Darwin, il suo modo chiaro di esporre la teoria, il suo profondo interesse per la natura, per i sentimenti. Ed emerge la centralità del pensiero darwiniano che dice all'uomo che la natura è simile a lui, così come l'uomo è simile alla natura: non è la sua una posizione così privilegiata, pur con tutte le possibili distinzioni e differenze più evidenti.
Raccontare tutta la serata (una discussione di poco più di un'ora e mezza) mi viene difficile nonostante gli appunti presi, mi preme però sottolineare alcuni fatti finali. Innanzitutto l'esaltazione della figura di scienziato rappresentata da Darwin, che come utilizza 1/3 del suo libro per esporre la teoria e i restanti 2/3 a rispondere alle possibili obiezioni alla stessa, utilizzando come argomenti gli esperimenti che ha portato avanti nel corso degli anni. Quindi uno splendido parallelo tra Darwin e Galileo, l'altra figura protagonista di questo 2009: non solo L'origine della specie è un'opera di importanza scientifica e letteraria nell'ambito naturalistico e biologico, ma anche il Dialogo sui due massimi sistemi del mondo risulta anch'essa un'opera rivoluzionaria dal punto di vista scientifico e letterario (Italo Calvino definì, infatti, Galileo come il più grande scrittore italiano); inoltre la vastità degli interessi dei due scienziati. In questo rientra in campo Dario Fo che racconta, con grande maestria, la passione del fisico pisano per i teatro, recitando anche un divertente testo teatrale scritto dallo stesso scienziato. L'idea di Fo è quella di sottolineare come Galileo si interessi al teatro anche per imparare un linguaggio con cui potesse dialogare con le persone comuni, perché tra loro era importante diffondere le nuove idee della nascente cultura scientifica.
L'ultima osservazione sull'ordine e sul più adatto: nel senso antropocentrico questi due termini prendono un aspetto positivo, ma dal punto di vista scientifico sono solo un modo per descrivere nel modo più corretto possibile delle situazioni. Dall'evoluzione, infatti, escono le specie e gli individui più adatti non in base ad un criterio umano, ma in base alle condizioni dell'ambiente esterno. Dall'evoluzione emergono le specie più adatte a sopravvivere, che non sono necessariamente le migliori da un punto di vista umano (basti pensare alla diminuzione delle dimensioni di molti dei pesci pescati negli ultimi anni: la pesca umana è stata così intensiva che ha selezionato gli individui più piccoli in dimensioni, poiché quelli più grandi erano quelli pescati prima e impossibilitati a giungere alla maturità e quindi a riprodursi).


VENEZIA: IN 20MILA PER MISTERO BUFFO

In ventimila persone stasera per il 'Mistero Buffò di Dario Fo che ha inaugurato in piazza San Marco il Carnevale di Venezia. L'ultima rappresentazione quarant'anni fa. Fo ha aggiornato la storia con la crisi planetaria attuale, centrata sulla storia di Venezia ''dove è nato il capitalismò' e sul carnevale che ''non significa dimenticare, ma portare coscienza e denunciare le cose stortè'. (Agr)

 

«Mi sono sorpreso a riprenderlo in mano per mettermi a ristudiarlo, perché "Mistero buffo" prima versione, quella nata nel 1969 comincia parlando di crisi, di crisi economica e di gente che non ce la fa a andare avanti e perde il lavoro», racconta Dario Fo che è tornato a proporre il suo lavoro più noto, a 40 anni esatti dalla sua nascita, oggi in Piazza San Marco in apertura del Carnevale di Venezia «Sarà il mio primo Mistero buffo col cappotto» dice ridendo, alludendo al freddo di questi giorni e ricordando un altro intervento al Carnevale di più di trenta anni fa «con tutti in maschera, una folla colorata tra i quali io ero l'unico accettato in abiti civili e a volto scoperto: mi sentii davvero importante quella sera».

Mistero buffo parla di una crisi agricola, nel medioevo, causata da un cartello di produttori di grano che fece crollare i prezzi e portò alla miseria centinaia di migliaia di contadini e, di conseguenza, artigiani e tutto il commercio.

«Insomma, non è cambiato molto e anche 40 anni fa, tra autunno caldo e licenziamenti, crisi petrolifera e altro, non era molto diverso. Anche per questo, a rileggerlo, ci si accorge di quanto fosse feroce. Il Vaticano, dopo che nel 1975 fu trasmesso in tv dalla Rai, iniziò un'azione ufficiale contro lo Stato Italiano, fermata solo dall'intelligenza e cultura dei gesuiti, che fece capire come la cosa si sarebbe rivoltata contro la Chiesa. E poi non risparmiavo nessuno, specie i politici di allora, da Andreotti a Fanfani o Malfatti, che non protestavano. Non è che fossero più spiritosi di quelli d'oggi, ma più intelligenti sì - commenta Fo - Non si mettevano a censurare apertamente i beniamini del pubblico, ma poi facevano in modo di metterli in difficoltà, di non fargli trovare facilmente teatri e luoghi in cui lavorare.

Direi che, comunque, non ci sono paragoni da fare, a parte la spocchia d'oggi, delle leggi ad personam e del sollevare polveroni, come quello sulla povera Eluana ridotta a un manichino, magari per deviare l'attenzione dai tentativi di bloccare il processo Mills, perché pur essendoci a proteggere Berlusconi il lodo Alfano, la paura è che comunque venga a galla la verità». Come sempre l'attualità, se non la cronaca, si insinua nelle anti-parabole medioevali di 'Mistero buffo' e sarà così anche questa volta: «Non posso fare a meno di calarmici dentro anche come persona e portarci quel che vivo, questa crisi spaventosa che è andata molto, ma molto più avanti di quel che avevo previsto nel mio libro di un anno fa 'L'apocalisse rimandatà, quando mi avevano accusato di esagerato pessimismo, anche se non mi sarei mai immaginato un calo di vendite delle auto superiore al 40%.

La verità è che la realtà ti batte sempre e chi ci governa ci offre sempre situazioni comiche e grottesche, che a me mettono angoscia, mentre loro, speculando sui prezzi bassi, ci faranno altri guadagni. Ma questo fa bene al Carnevale - conclude Dario Fo - che, come si sa, non riesce bene se dietro non c'è sofferenza. Solo i poveracci e i disperati sanno godere se gli si presenta l'occasione di un'evasione vera. È che io, da buon comico, li riporto alla realtà, obbligato a dire la verità a mio modo, da attore satirico, quindi pessimista. Gli ottimisti infatti, si sa, sono dei bugiardi, e basta pensare a Berlusconi, il nostro Principe per il quale va sempre tutto bene».