In ventimila persone stasera per il 'Mistero Buffò di Dario Fo che ha inaugurato in piazza San Marco il Carnevale di Venezia. L'ultima rappresentazione quarant'anni fa. Fo ha aggiornato la storia con la crisi planetaria attuale, centrata sulla storia di Venezia ''dove è nato il capitalismò' e sul carnevale che ''non significa dimenticare, ma portare coscienza e denunciare le cose stortè'. (Agr)
«Mi sono sorpreso a riprenderlo in mano per mettermi a ristudiarlo, perché "Mistero buffo" prima versione, quella nata nel 1969 comincia parlando di crisi, di crisi economica e di gente che non ce la fa a andare avanti e perde il lavoro», racconta Dario Fo che è tornato a proporre il suo lavoro più noto, a 40 anni esatti dalla sua nascita, oggi in Piazza San Marco in apertura del Carnevale di Venezia «Sarà il mio primo Mistero buffo col cappotto» dice ridendo, alludendo al freddo di questi giorni e ricordando un altro intervento al Carnevale di più di trenta anni fa «con tutti in maschera, una folla colorata tra i quali io ero l'unico accettato in abiti civili e a volto scoperto: mi sentii davvero importante quella sera».
Mistero buffo parla di una crisi agricola, nel medioevo, causata da un cartello di produttori di grano che fece crollare i prezzi e portò alla miseria centinaia di migliaia di contadini e, di conseguenza, artigiani e tutto il commercio.
«Insomma, non è cambiato molto e anche 40 anni fa, tra autunno caldo e licenziamenti, crisi petrolifera e altro, non era molto diverso. Anche per questo, a rileggerlo, ci si accorge di quanto fosse feroce. Il Vaticano, dopo che nel 1975 fu trasmesso in tv dalla Rai, iniziò un'azione ufficiale contro lo Stato Italiano, fermata solo dall'intelligenza e cultura dei gesuiti, che fece capire come la cosa si sarebbe rivoltata contro la Chiesa. E poi non risparmiavo nessuno, specie i politici di allora, da Andreotti a Fanfani o Malfatti, che non protestavano. Non è che fossero più spiritosi di quelli d'oggi, ma più intelligenti sì - commenta Fo - Non si mettevano a censurare apertamente i beniamini del pubblico, ma poi facevano in modo di metterli in difficoltà, di non fargli trovare facilmente teatri e luoghi in cui lavorare.
Direi che, comunque, non ci sono paragoni da fare, a parte la spocchia d'oggi, delle leggi ad personam e del sollevare polveroni, come quello sulla povera Eluana ridotta a un manichino, magari per deviare l'attenzione dai tentativi di bloccare il processo Mills, perché pur essendoci a proteggere Berlusconi il lodo Alfano, la paura è che comunque venga a galla la verità». Come sempre l'attualità, se non la cronaca, si insinua nelle anti-parabole medioevali di 'Mistero buffo' e sarà così anche questa volta: «Non posso fare a meno di calarmici dentro anche come persona e portarci quel che vivo, questa crisi spaventosa che è andata molto, ma molto più avanti di quel che avevo previsto nel mio libro di un anno fa 'L'apocalisse rimandatà, quando mi avevano accusato di esagerato pessimismo, anche se non mi sarei mai immaginato un calo di vendite delle auto superiore al 40%.
La verità è che la realtà ti batte sempre e chi ci governa ci offre sempre situazioni comiche e grottesche, che a me mettono angoscia, mentre loro, speculando sui prezzi bassi, ci faranno altri guadagni. Ma questo fa bene al Carnevale - conclude Dario Fo - che, come si sa, non riesce bene se dietro non c'è sofferenza. Solo i poveracci e i disperati sanno godere se gli si presenta l'occasione di un'evasione vera. È che io, da buon comico, li riporto alla realtà, obbligato a dire la verità a mio modo, da attore satirico, quindi pessimista. Gli ottimisti infatti, si sa, sono dei bugiardi, e basta pensare a Berlusconi, il nostro Principe per il quale va sempre tutto bene».