«E con questo, credo che Celentano sia fuori per sempre, dalla Rai e non solo, data questa Italia. La tribù degli ipocriti può legittimamente ritenere di aver eliminato Adriano, una medaglia, secondo loro, da appendere al petto in questi mesi di fine stagione, la volevano prima di uscire di scena e l'hanno avuta». Ed ecco un tifoso non proprio scontato nelle file che oggi si stringono attorno al re del rock tricolore: è Dario Fo, l'uomo che probabilmente deve una parte del suo meritato Nobel ad un Mistero che celebra la bontà di un Cristo uomo-dio e mette alla berlina quella «trascendenza» papale che spesso è stata dedicata all'altare del potere e della ricchezza materiale.
Eppure, proprio Celentano l'altra sera ha rincarato la dose che già gli era costata la «scomunica» di parte del pubblico forse, dei poteri forti, porporati e no, di sicuro.
Dario, giullare di un dio caro e giusto ma fatto di carne e sangue come un uomo, scende in campo per affermare la tenerezza di un altro uomo che di fronte a milioni di spettatori ha invocato per la Chiesa più trascendenza, più Paradiso, andando a sbattere contro la potente Conferenza episcopale italiana, gran Cancello dei Cieli, scala mobile efficace, insieme, della politica italiana. Veramente, è andato a sbattere anche contro la direttrice generale della Rai, la signora Lei, ma questo non è il nocciolo della nostra storia...
Hai un bel dire, Dario. Stai percorrendo un sentiero sottile come una lama...
«Io l'ho visto, l'ho visto. E sai che ti dico? Che non c'era tra i presenti alla gran serata televisiva nessuno che avesse in sé la grazia di un animo buono, nessuno come Adriano. Non c'era aggressività in lui, non c'era ruffianeria, non c'era calcolo. Voleva dire quello che ha detto? Forse sì, forse non del tutto, perché ha avvicinato temi mostruosi da versanti molto difficili. Ma conta come diceva e ciò che aveva in cuore era sofferenza vera e testimonianza di pace...»
Quindi, ciò che ci salva è una visione. Tu hai capito, molti altri hanno compreso, ma non era facile, ammetterai...
«Infatti, era difficile, ma gli animi gentili non lo condanneranno mai. È stato giustiziato, in piazza come si voleva, lì nel teatro, davanti a milioni di testimoni sbigottiti. Hanno agito le truppe d'attacco, quelli che lo hanno fischiato, insultato perché così prescriveva il copione degli ipocriti. Lui qualche errore lo ha commesso, ma per santa ingenuità. Fosse stato più scaltro, meglio informato, reso più agile dalla furbizia, avrebbe aggredito quei temi in modo più lineare. Non ha detto una parola sui meccanismi bancari che rendono il Vaticano una potenza inattaccabile, sullo Ior, sul modo in cui la Chiesa ha taciuto per decenni su quel che faceva una parte del clero ai bambini. Ma bastava il fronte finanziario, quello che avvicina il Vaticano di oggi a quello di secoli fa, quando il Papa se ne andò ad Avignone portando con sé, a detta dei cronisti di allora, più banchieri che vescovi. È stato molto generoso a non parlare di questo, Celentano, lo dovrebbero apprezzare i suoi carnefici...»
Condivido. Su tutto, passa il velo dell'affetto che non rende ciechi ma consente di capire. E tu vuoi bene a Celentano, si sente...
«Sì, gli voglio bene, lo conosco da tanti anni, dai tempi del Santa Tecla dove si faceva musica quando eravamo giovani. Credo di sapere chi sia. Merita l'affetto sincero di milioni di italiani, così come merita il mio: oltre ad essere un grandissimo artista è un uomo intelligente e generoso, sincero e forse non è tempo di “santi” ingenui, per loro è carne da cannone...»
Spiegati meglio, dove vuoi arrivare...
«Dico che la tribù degli ipocriti lo ha venduto anche quando non era sul palco. Lo detestano, per la sua capacità di non essere ricattabile, quindi libero, non lo vogliono sul palco di Sanremo, lo odiano per quel che ha detto del regime berlusconiano, ma quando non c'è, fanno in modo che la sua assenza appaia un incidente transitorio: continuavano a ripetere che forse arrivava, forse sarebbe arrivato, tanto per tener su l'audience, sapendo che nella serata conclusiva lo avrebbero fatto a pezzi. Di Celentano non si butta nulla, nemmeno l'assenza. Tanto i picchi di ascolto li hanno fatti con lui...»
E con Morandi, che è un bravo ragazzo quanto Celentano...
«Giusto, infatti, se non mi sbaglio, lo hanno crocefisso assieme ad Adriano. Si vedeva bene che l'altra sera sul palco portava un peso intollerabile. Hanno picchiato duro, hanno bombardato il muro di affetti che ha sempre protetto sia Morandi che Celentano. Quei fischi, quelle contestazioni sono magnificamente accordate sulle parole con cui la direttrice generale della Rai ha intimato ad Adriano di badare a quello che avrebbe detto e fatto, come fosse un delinquente. Ma pensa un po', da che pulpito. Ma il gioco sporco è riuscito, temo. E Celentano ora lo sa, come lo sa Morandi...»
Morandi ad Adriano ha rivolto un «grazie» denso e struggente, come si fa con il proprio compagno davanti al plotone d'esecuzione...
«Visto anche quello. Ma sai che ti dico? Tempi nuovi stanno arrivando, per quella gente che serve la tribù degli ipocriti questo è davvero l'ultimo atto».