Dopo aver raccontato Raffaello e Caravaggio, Mantegna, il Duomo di Modena, il misterioso Cenacolo di Leonardo da Vinci e l’arte di Ravenna, il premio Nobel per la letteratura Dario Fo si confronta adesso con Michelangelo Buonarroti.
È appena uscito per la Franco Cosimo Panini Editore “Tegno nelle mane occhi e orecchi: Michelagniolo”, originalissimo studio di Fo sull’artista toscano, lungo 256 pagine e contenente 230 illustrazioni a colori, una media di 0,8 illustrazioni a pagina.
Signor Fo, da dove si comincia a raccontare Michelangelo?
Dai suoi tempi, che sono anche quelli di Leonardo, Raffaello, Mantegna e di una serie di pittori, scultori, filosofi, scienziati che potrei elencare per mezz’ora.
Il problema è che Michelangelo era pittore, scultore, architetto e poeta contemporaneamente.
È tipico del periodo. Anche Leonardo era musico, architetto, scultore, poeta, pittore, fabbricante di cannoni, di navi, di macchine volanti… Galileo Galilei scriveva teatro. Nessuno di loro avrebbe accettato di essere pittore e basta, o scienziato e basta…
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