“Il Paese dei Misteri Buffi” di Dario Fo e Giuseppina Manin
articolo di Barbara Bianchini
A una settimana dalla sparizione, i mass media informano la nazione a reti unificate: Berlusconi è scomparso! I segnali di disperazione e di crollo psicofisico erano rintracciabili nello stile di vita condotto dal Cavaliere nelle ultime settimane, giorni in cui sembrava irriconoscibile. Silenzioso. Cupo. Aveva per giunta smesso di inveire contro i tanto “amati” giudici rossi. Nessun comunicato stampa o videoconferenza. Il nulla.
Il giorno prima della scomparsa, Silvio era ad Arcore. Voleva scendere nel suo Mausoleo, curato dallo scultore Pietro Cascella, un amico di Craxi a cui aveva dato l’incarico di creare un luogo concepito, non tanto per l’eterno riposo, quanto immaginifico di una prospettiva di vita eterna ivi potenzialmente contenuta, grazie all’istallazione di un marchingegno di alta tecnologia capace di ibernare esseri umani. Silvio è un bravo massone rispettoso delle tradizioni.
Ad Arcore dunque l’ultimo avvistamento e, sempre lì, la ricomparsa ma non di uno, bensì di tanti “aspiranti” Silvio Berlusconi. Come ottenere allora la prova inconfutabile dell’identità del Cavaliere, dal momento che del DNA dello scomparso non v’è traccia alcuna nelle banche dati? Una verifica coniugale, a questo punto, sembrerebbe d’obbligo, come nel caso dello “smemorato di Collegno” del ’26. Chi meglio della moglie, nella fattispecie, delle mogli, delle veline, letterine, ministre, imprenditrici e minorenni avrebbe potuto offrire miglior testimonianza?
Il Bel Paese è travolto e stravolto da un’alta concentrazione di sesso libero fra gli aspiranti Silvio e le donne pronte a riconoscere gli impostori. E poi, agli italiani piace scommettere e allora perché non approfittare di questo bizzarro scenario per riempire le casse dello Stato? Perché no?!? Una lotteria a premi attraverso cui scegliere il proprio Berlusconi nazionale. Il jackpot "Salva Italia" si accende. La gente sempre più in malora pur di giocare e lo Stato che risana i suoi debiti senza alcun rischio, né impegno. «Meno male che Silvio c’è…», quasi si sente il coro.
Così, ne Il Paese dei Misteri Buffi (Guanda, 2012), con ventisei “giullarate”, Dario Fo e Giuseppina Manin ripropongono al popolo italiano nuovi misteri, mantenendo stilisticamente la forte connotazione di satira politica che nel’69 Fo portò in scena, recitando come unico attore, nel Mistero Buffo.
Il Cavaliere stesso diventa un giullare presso la corte di Minosse che lo ha convocato per dei lavori di ristrutturazione con il desiderio di trasformare l’Inferno «in un mondo dell’effimero in sfacelo», poiché è nel sistema globale che Minosse riconosce la nuova dimora dell’eterno dolore. Tanti i punti di vista offerti. Moro, Andreotti, Mario Cal e Don Verzè, Machiavelli e Galilei, sono solo alcuni dei personaggi incontrati dal Cavaliere nel regno degli Inferi, che rappresentano il pretesto narrativo per trattare temi importanti come la P2, la collusione fra Stato e Mafia, lo smaltimento dei rifiuti a Napoli e il caos che travolge il mondo moderno, vittima della cattiva gestione delle nuove tecnologie. Silvio buffone nell’Ade e cantastorie d’eccezione per i suoi compagni di cella perché la prigione, udite udite, è il luogo angusto in cui è finito una volta distribuiti i premi della lotteria distrai–Italia e l’apparato giudiziario ha ripreso la sua missione.
La figura del giullare del medioevo, in un’opera di E. Faral, degli anni Novanta, descritto e inteso come «affabulatore, il cantore che rallegra festini, nozze, veglie… il buffone che fa lo scemo e che dice scempiaggini», viene ne Il Paese dei Misteri Buffi attualizzata e riproposta da Fo e Manin, connotata da una forte coscienza politica e opposizione nei confronti del potere. In questa chiave di modernità va focalizzato Silvio narratore, paradossalmente anch’egli contro il potere, spesso da lui stesso esercitato e incarnato.
Trovandosi in una cella con trenta letti e sessanta detenuti, il Cavaliere commenta: «“E poi vorrei sapere chi è il responsabile di questa folle ammucchiata… È una situazione incivile!”», quasi ad accattivarsi la tenerezza del lettore – questo piccolo uomo, poco credibile, beffeggiato e vittima di un sistema da lui stesso avallato in precedenza per i suoi comodi.
Il Paese dei Misteri Buffi è un testo semplice, scorrevole e piacevole, capace di raggiungere sia il lettore che per la prima volta getta uno sguardo sulla situazione socio-politica della nostra nazione, sia quello aggiornato che viene accompagnato, con ironia e sarcasmo, in un revival tutto italiano.
(Dario Fo – Giuseppina Manin, Il Paese dei Misteri Buffi, Guanda, 2012, pp. 208 , euro 15)
fonte: flaneri.com


E non è finita. Per completare il quadro coreografico dell'evento Fo stupirà gli spettatori portando sulla scena anche una serie di tavole di falsi d'autore tratti dai maggiori capolavori di Picasso e da lui rivisitati con la sua "bottega". "Per evitare polemiche con gli eredi del grande artista.
Nel '51, lo studente all'ultimo anno di Brera e futuro Nobel inscenò coi compagni una finta visita del pittore a Milano. "Eravamo andati a Parigi a invitarlo e lui promise che sarebbe venuto, ma poi scelse Roma", ricorda Fo. Così si ordì una vendetta in burla sfruttando la somiglianza di un tizio che lavorava in Accademia.
Picasso ha realizzato centinaia fra quadri e incisioni sul tema del sesso, dell'amore con gusto ironico e grottesco quasi da pochade (genere di commedia, nata a Parigi nel XIX secolo, strutturata su canovacci di vicende amorose, intrighi e colpi ad effetto, NdB)". In fondo il lavoro che Fo e Rame fanno in queste loro lezioni d'arte consiste proprio nell'aprire nuove porte nel racconto e nel disvelamento degli artisti, come si era già visto in quelle sui grandi del Rinascimento da Leonardo, a Mantegna, a Caravaggio che sono stati tolti dalla leggenda e ritrasportandoli nel loro tempo e nella loro storia. "Picasso, per esempio, è interessante anche dal punto di vista politico, conclude Fo, e non solo per un quadro come Guernica.
Una telefonata insolita: lo stesso Saramago ammette di aver impiegato qualche attimo a riprendersi dallo stupore.

Tutto esaurito al teatro-auditorium forlivese per l'anteprima dello spettacolo dedicato a Pablo Picasso che Fo porterà in scena a Milano in autunno. Centinaia di persone costrette a rimanere fuori. Un successo senza precedenti

