Il Teatro di Dario Fo e Franca Rame

Il teatro di Dario Fo e Franca Rame

[STAMPA] "COME TI FO" - Stefano Vicentini su "Il Boccaccio riveduto e scorretto"

Un capolavoro «riveduto e scorretto». Ma non tradito Dario Fo spiega, interpreta e riscrive il «Decamerone» e sfiora la grandezza dell'autore. «Cambio i finali dove serve. Il permesso? Me l'ha dato Bernard Shaw»

Chissà di quale dei tre narratori maschili del Decamerone, accanto a sette fanciulle, Dario Fo vestirebbe più volentieri i panni: Dioneo, licenzioso e ridanciano cantore di corna muliebri? Il più maturo Panfilo, cavalier cortese rivestito d'elegiaco sentimento? O Filostrato, voce patetica delle pene d'amore finite in tragedia (caratteri peraltro ricavati dall'etimologia dei nomi greci). Diamogli comunque una veste di broccato e una briosa gagliardia giovanile per entrare nella brigata dei novellatori assoldata dal Boccaccio. A buon diritto, senza dubbio. Perché a 85 anni il premio Nobel ha ancora una ricca vitalità da esprimere e una miniera di racconti che ridestano il gusto affabulatorio antico.

Nel suo ultimo libro, Il Boccaccio riveduto e scorretto, a cura di Franca Rame sua moglie (Guanda, 448 pagine, 22 euro), Dario Fo dipana tredici riletture che danno una prova concreta del vitalissimo mondo medievale del Trecento. Sia beninteso che l'autore, seguendo le storie del Boccaccio nate da esperienze di vita tra Napoli e Firenze, non offre un'interpretazione illusoria e smagata della società, che anzi conosceva bene l'arrivismo e la bancarotta, l'azione azzardata e la falsa parola, la ribalderia dei potenti e il delitto di sangue, persecuzioni e censure. Ma ripercorre quei vissuti quotidiani proprio con lo sguardo, tutto sommato distaccato e indulgente, che ebbe il grande maestro, lontano dallo scandalizzarsi o dal denunciare apertamente le ingiustizie — anche per non finire come Iacopone da Todi, Dante o più tardi Savonarola, indignati che invece pagarono di persona. Lo sghignazzo e lo sberleffo antichi sopravvivono proprio per come gli autori satirici li hanno portati nella letteratura, filtrandoli cioè con meccanismi di reinterpretazione e suggestione simbolica, o sviamenti di convenienza. Fo cita, ad esempio, l'omertà di Boccaccio sull'accusa alla regina Giovanna d'Angiò di aver assistito impassibile all'assassinio del marito, principe d'Ungheria. Allora ognuno sarà libero di attualizzare come crede i cari personaggi del Decamerone, così non moriranno mai: ser Ciappelletto, Abraam giudeo, Andreuccio da Perugia, Lisabetta da Messina, Calandrino e gli altri.

Con libertà artistica Dario Fo si è autorizzato a ricostruire memorabili vicende, ora cambiandone il finale ora narrandole in volgare, ora accentuando l'espressività ora alludendo al contesto storico: il paziente studio e la maestria della ricomposizione, tra biografia e racconti, hanno dato un felice esito. Piacevole anche la scelta di corredare le pagine con un'autentica galleria d'arte, quasi 200 tra dipinti e disegni realizzati dallo stesso Fo, che dà il ritmo del racconto con figure dinamiche quasi sempre in atto di danza e una marcata vivacità coloristica. La rilettura d'autore di Boccaccio, del resto, non è nuova: Fo ricorda la lezione di «un grande uomo di cultura e spregiudicatezza quale Pier Paolo Pasolini, sensibile al valore di questo narratore di conte, alle cui favole dedicò un film» (1971). Stavolta però il libero riuso è diventato, come dice il titolo, uso «riveduto e scorretto». Così l'innocente Ginevra è vittima di una crudele scommessa, in cui il marito vuol metterne alla prova la fedeltà (seconda giornata, novella IX). Nel finale positivo, momento alto con l'apologia della dignità della donna ma anche con la sorpresa del perdono al marito ingannatore, interviene Fo: «Davanti a un "e vissero tutti felici e contenti" tanto scontato e squallido non ho potuto fare a meno di indignarmi e mi sono ribellato, ma con impaccio: non è cosa di tutti i giorni decidere di contestare e correggere il più grande novellatore italiano e il maggiore uomo di teatro della cultura anglosassone (novella ripresa in Cymbeline da Shakespeare). A darmi coraggio è stato Bernard Shaw che nel prologo dell'opera inglese dichiara: "Anche i grandi autori ogni tanto incappano in soluzioni sceniche di basso livello... è lì che bisogna entrare in loro soccorso e salvare il testo". E così sono intervenuto a piedi giunti, capovolgendo il finale di entrambi i testi».

Tra le altre storie, Andreuccio, domatore di cavalli venuto a Napoli per mercato, è ingannato da una bella tiratrappole che si spaccia per sua sorella, lo deruba e avvia per lui un giro di guai che lo portano perfino a precipitare nello sterco (2, V). Il correttore Fo nel suo finale assolve la donna: «E io benedico quella latrina che t'ha salvato! Te giuro che sarò bona e che non te arrobberò più veruna cosa, salvo lo core! D'altra parte che ce voi fare: io sono fémmena ma brigante e ogni tanto me capita de arrobbà e ammazzà... stàtte accorto!» Così Lisabetta da Messina, per una vendetta dei fratelli che le danno la testa mozzata dell'amato in un vaso (4, V), alla fine si ridesta da un'illusione circense e riabbraccia Lorenzo avvolto in bende ma sano; il beffato Calandrino invece, convinto dagli amici di diventare invisibile con un'elitropia, una pietra magica (8, III), indossa abiti da vescovo e, aiutato dalla fortuna, compie uno straordinario gesto diventando eroe. In ogni racconto, Fo sa creare con la sua arte della parola un brivido di piacere che sfiora la grandezza di Boccaccio.

Stefano Vicentini
fonte: bresciaoggi.it

 

 

 

 

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[STAMPA] Dario Fo e Arlecchino, una coppia “contro”

(30 giugno 2011) Chi non è mai stato moderato né ieri né ora è il premio nobel, il giullare, l’affabulatore Dario Fo. Detto questo, il celebre attore e drammaturgo torna in libreria con uno dei suoi testi più sentiti: Arlecchino. La maschera della Commedia dell’Arte che, con il suo temperamento ondivago, tentennante un’arguzia fuori dal comune unita ad una oscillante sbadataggine che sfiora la stupidità, ha consegnato al suo apparire, nel XVI secolo, uno dei caratteri principali dell’italiano. Con la ricostruzione del testo, curato e tradotto nelle sue parti dialettali da Franca Rame e dai suoi collaboratori, contenente anche gli ormai proverbiali disegni-bozzetti-cartoni del maestro, Einaudi rimette in circolo, in edizione dvd, anche la ripresa dello spettacolo che debuttò in anteprima nazionale al Palazzo del Cinema del Lido di Venezia nell’orami lontano 1985, per le cure del “grotowskiano” Ferruccio Marotti e in occasione dei 400 anni della nascita del personaggio.

Così Fo descrive la sua amatissima maschera:
«Arlecchino era fondamentalmente un amorale. Quelle sue provocazioni suscitarono un successo incredibile; con le sue entrate in scena oscene aveva rotto le normali convenzioni dello spettacolo». Dunque, è un progetto già di spettacolo a venire il lazzo del “personaggio” bergamasco. Il nascondimento è di epoca successiva. Il costume è pezzato ma non losangato che come la maschera arriverà dopo. Le losanghe, infatti, arriveranno con Goldoni, nel 700 più avanzato".

 

FRANCA RAME (a cura di) Dario Fo. Arlecchino,Einaudi Stile Libero, Torino, 2011, pp. 178

 

fonte: ilcittadino.it


Corso di teatro con Alfredo Colombaioni, Stefano Di Pietro, Marina de Juli, Mario Pirovano, Eleonora Albanese, Jacopo Fo.

Fino al 24 giugno, tutti i giorni tendenzialmente dalle 9,30 alle 12,30 e dalle 17 alle 20. E' possibile rivedere i video in streaming. Le lezioni sono in italiano con traduzione in inglese. In diretta dalla Libera Università di Alcatraz.

Free TV Show from Ustream


[VIDEO] "Johanna Padana a la descovèrta de le Americhe" con Marina De Juli

L'Associazione Culturale Verba Manent e la Compagnia Dario Fo-Franca Rame presentano Marina de Juli in "Johanna Padana: a la descovèrta de le Americhe", spettacolo ideato da Dario Fo, nell'adattamento al femminile di Marina De Juli, con scene di Matteo De Martino.

Il video documenta la rappresentazione che si è svolta al Teatro Nuovo di Varese venerdì 9 maggio 2008.

Johanna è una donna nata nelle valli bergamasche da una famiglia ricca solo di figli, anzi di figlie, diventata novizia per fame, fuggita dai Lanzichenecchi, arrivata a Venezia dove incontra l'amore, la passione ma anche l'Inquisizione, la caccia alle streghe. Si rende allora ben conto che la sua condizione di donna in quella società è perdente, si traveste da uomo e si imbarca, prima verso Siviglia e poi, su una nave di Cristoforo Colombo, verso il nuovo mondo e diventa, suo malgrado cronista della colonizzazione.

La storia di Johanna è quella di un viaggio attraverso culture, popoli, territori, visti con sensibilità e curiosità femminile. E' un viaggio tra gente qualunque che forse non interessa alla storia ufficiale ma che fa la storia.


[VIDEO] "Il Boccaccio riveduto e scorretto" - intervista RaiNews24

Dario Fo ai microfoni di RaiNews24 parla del suo ultimo libro: "Il Boccaccio riveduto e scorretto"

"Boccaccio" dichiara Dario Fo " è stato per me una grande scoperta acquisita anni e anni dopo l'accademia. E' a quel punto che mi è apparsa evidente tutta la potenza di questo autore." "Il Boccaccio riveduto e scorretto" lo trovate su commercioetico.it