Proporre Mistero Buffo in un film 3D non è altro che continuare a rinnovare con i linguaggi e le tecniche di oggi una ricerca cominciata da Dario Fo e Franca Rame nel 1966 e che ha prodotto uno dei più importanti testi della cultura contemporanea.
Mistero Buffo è un capolavoro della letterature teatrale, uno delle opere che più hanno contribuito all’evoluzione della storia del teatro nell’ultimo secolo, non a caso consacrata dal Premio Nobel nel 1997. Ma non è solo questo.
Se si consulta il ricchissimo archivio Fo-Rame (www.francarame.it), si scopre come Mistero Buffo sia nato come una ricerca e una riscrittura della cultura popolare fatta anche tramite le immagini da essa prodotte, oltre che attraverso il recupero e la reinvenzione della tradizione scritta e orale.
Già nei primi appunti su Mistero Buffo si trovano scalette di quello che è l’embrione della lezione-spettacolo, con l’indicazione dell’uso di “lastrine”, ovvero immagini tratte dall’iconografia medioevale, che sarebbero state proiettate in scena. E così nelle prime rappresentazioni, proprio a partire da queste immagini, Dario ha cominciato a costruire i prologhi e a creare le sue affabulazioni.
La straordinaria presenza scenica di Fo, la sua arte anti-mimica, ha poi preso il sopravvento e ha fatto sì che Mistero Buffo fosse rappresentato anche senza il contributo visivo, una semplificazione che rimandava all’arte semplice e diretta dei giullari, che non avevano bisogno di teatri o saloni, ma utilizzavano le strade, le piazze, le corti e che, nel Novecento, è stata proficuamente ripresa e ha riaperto la strada a vari filoni della live performance che oggi dominano le scene, dal cabaret all’one-man-show, al fortunato fenomeno che oggi genericamente viene chiamato “teatro di narrazione”.
Ma l’impronta dell’immaginazione visiva - che è alla base della rivoluzione di Mistero Buffo - rimane comunque presente. Dario, che è pittore, prima ancora che attore, drammaturgo e regista, ripropone in scena quello che la cultura “bassa” ha elaborato e trasmesso, oltre che attraverso i canti, i canovacci delle rappresentazioni religiose e le giullarate, anche con i “libri di pietra” delle cattedrali (le statue, i bassorilievi, ma anche le vetrate), con le tessere dei mosaici, con le sculture lignee dei compianti e delle deposizioni, con le miniature dei codici e, naturalmente, con la stupefacente avventura della pittura occidentale.
L’immagine, dunque, come testimonianza e fonte di cultura, ma anche come componente essenziale del teatro che, da sempre, è arte totale per eccellenza.
Ma tutta questa ricerca ha sempre come origine un obiettivo sociale, politico che si può riassumere nella necessità di mettere in scena e di creare non solo per il pubblico, ma insieme al pubblico.
Il pubblico di ieri, che ha contribuito con le sue tradizioni e i suoi miti a trasmettere valori e conoscenze, ispirando, avvalorando e conservando le opere degli artisti del passato, e il pubblico di oggi che, con la sua partecipazione a un evento come il teatro, dà il suo apporto, ispirando contenuti e partecipando alla codifica del testo.
Sulla base di un primo canovaccio scritto e delle immagini – che quando non erano proiezioni erano scenografie, costumi, trovate che facevano scattare l’immaginazione – Dario e Franca hanno sempre interpretato delle performance creative, in continuo movimento, spettacoli in progress, che, replica dopo replica, hanno fatto sì che si sedimentasse un testo (inteso nella complessità di tutti i linguaggi presenti nel teatro) sempre nuovo e reinventato, dove un pubblico vivo e attivo si sente complice e protagonista e non semplice destinatario passivo.
L'idea di riprendere Mistero Buffo in 3D continua in questa direzione. E’ un ulteriore tentativo di far dialogare la narrazione orale, che può essere considerata la più antica forma di rappresentazione, con l'immagine in 3D, che sta creando nuove modalità di fruizione del cinema e della televisione.
La ricerca si arricchisce anche di un aspetto originale, tenta di trovare una strada nuova nella contraddizione tra lo spettacolo dal vivo e la sua riproduzione.
Questo lavoro mette l’accento sul corpo a corpo tra teatro e rappresentazione visiva, che ha nello spettatore la vera posta in gioco. Lo spettatore nella sua funzione creativa, nel suo essere parte integrante ed essenziale di un’arte che abbia un senso profondo per la comunità.
Nel Mistero Buffo in 3D, il pubblico è co-protagonista dello spettacolo, sia per come è costruito, fin dall’origine il testo, sia per come abbiamo creato la scena. Non c’è frattura tra palco e platea, più che una messa in scena, si cerca di ricreare una comunicazione rituale: l'attore non è mai ripreso da solo nelle sequenze, ma è sempre inquadrato insieme agli spettatori che, con la loro presenza, fanno sì che l'evento abbia luogo. Ed è per questo motivo che il pubblico è presente anche sul palcoscenito e fa da “quinta”. In questo modo, nelle riprese si vedono Franca e Dario che raccontano e, contemporaneamente, è sempre presente il pubblico con le sue reazioni; inoltre, il pubblico è anche riprodotto sul fondo del palco, grazie a una schiera di sagome poste su diversi livelli di profondità e si riverbera sul fondale che riproduce una grandi delle icone del popolo: il Quarto Stato di Pelizza da Volpedo, ridipinto e moltiplicato da Dario.
Questo allestimento scenico è stato pensato così e realizzato proprio per valorizzare il set delle riprese in 3D e ci sembra che, anche metaforicamente, esso ricrei uno spazio collettivo dove può compiersi quell’atto magico in cui una comunità si ritrova e si rappresenta, condividendo con spirito critico valori e prospettive.
Felice Cappa
fonte: cinemaitaliano.info