Il premio Nobel si è esibito in carcere con il celebre Mistero Buffo, accompagnato dai piccoli musicisti degli Archistorti.
Il celebre remagio "négher" di Dario Fo, sul "camèl" che da quasi mezzo secolo ne ha fatto uno dei personaggi più esilaranti del suo Mistero Buffo, ha fatto il proprio ingresso a San Vittore ieri sera per potare un'ora di riso e grazia natalizia ai detenuti - uomini e donne , italiani e soprattutto stranieri - di piazza Filangieri.
A metterci la commozione, ma anche un vento di leggerezza che per una galera è la merce più rara del mondo, un'intera orchestra di violini, viole, violoncelli e contrabbassi: suonati da bambini.
E' questo lo spettacolo-cencerto portato ieri nel carcere milanese dal Premio Nobel e dall'orchestra degli Archistorti, esperimento giovanile nato a Reggio Emilia sulle orme di quello ideato in Venezuela dal maestro Josè Antonio Ambreu per togliere i bambini dalle favelas e ripreso in tutta Europa da Claudio Abbado.
E se per l'attore e drammaturgo da sempre impegnato sul fronte delle condizioni dei detenuti si è trattato di un ritorno, a meno di un anno dalla visita compiuta a San Vittare nel gennaio scorso, i piccoli musicisti ( e cantori) della formazione diretta da Tiziana Caselli è stato naturalmente un esordio: ad applaudirli nella cappella del reparto femminile, dove è avvenuta l'esibizione, un centinaio di detenuti e il vicedirettore del Dipartimento amministrazione penitenziaria Luigi Pagano, forse al termine il più commosso di tutti.
L'esperimento, perchè è di questo che si è trattava, anche solo per la novità assoluta di far entrare in carcere dei bambini in veste di artisti - è stato portato avanti dalla Libera Università del Teatro con Donatella Massimilia in collaborazione con la direzione di San Vittore: "un gesto non solo culturale ma anche di grande pietas nei confronti di persone che patiscono una condizione di sovraffolamento ogni giorno più grave."
Per riuscire nell'impresa e superare l'iter burocratico di tutte le autorizzazioni necessarie Dario Fo si era spero personalmente con una lettera in cui ricordava un volta di più le "condizioni drammatiche" delle carceri italiane: anche se proprio San Vittore, secondo il premio Nobel, è comunque uno degli istituti "all'avanguardia"nel tentativo di portare l'arte tra le sue mura: un "impegno da incentivare sempre più nei luoghi della sofferenza, dove l'arte e la bellezza sono enormemente necessarie".
Articolo di Paolo Foschini pubblicato sul Corriere della Sera in Cronaca di Milano 24 dicembre 2013 Riproduzione riservata