Il paese dei misteri buffi è l’ultimo esilarante lavoro di Dario Fo, frutto della collaborazione con l’amica e giornalista Giuseppina Manin.
Le loro conversazioni diedero vita qualche anno fa (2007), a “Il mondo secondo Fo”, in cui si racconta di quest’attore, drammaturgo, regista, scenografo, premio Nobel, pittore, artista e uomo impegnato nel politico e nel sociale, che è Dario Fo. Ma questa volta si tratta di tutt’altro. La Manin propone a Dario Fo di riprendere le fila del celeberrimo “Mistero Buffo”, (messo in scena per la prima volta nel 1969, che grazie alla potenza narrativa del suo grammelot gli valse il Premio Nobel per la letteratura nel 1997), per narrare di quell’insieme di misteri grotteschi che mortificano il nostro Paese da quasi mezzo secolo.
Il racconto inizia con un episodio “sconvolgente e tragico al tempo stesso. La scomparsa improvvisa e inspiegabile del Cavaliere Silvio Berlusconi”, Fo attraverso una carrellata di giullarate narra le vicende del Satrapo di Arcore, ripercorrendo scandali e stragi che ancora oggi lasciano numerosi interrogativi, attraverso un sottile filo conduttore.
All’avvento di Mario Monti al governo, segue la scomparsa di Silvio-Bingo (uno dei tanti appellativi utilizzati nel testo), generando scompiglio tra i suoi seguaci al punto da indire una squadra di ricerca presso il Mausoleo di Arcore, in cui, sulla scia dell’antico fatto di cronaca dello Smemorato di Collegno, saranno coinvolti tra gli altri, il fedele avvocato Ghedini, il fedele Fedele (ah no quello è un altro capitolo), il fedele Fede e con lui le “ragazze del Drago”, così definite da Fo quell’insieme di giovani miss e non, che risiedevano, o risiedono tutt’ora, nell’ormai celebre via dell’ospedale San Raffaele di Milano.
Ad avvenuto ritrovamento un’ immancabile speciale Porta a Porta e a questo punto, personalmente, mi chiedo se fosse presente o meno il plastico di Villa San Martino. Berlusconi è tornato, ma la lotteria indetta per il suo ritrovamento sta già fruttando un sacco di miliardi ai Monopoli di Stato, dunque l’unico e inimitabile viene rapito e portato davanti a una corte di giudici ai quali dovrà raccontare il perché della sua latitanza. Due creature demoniache lo hanno prelevato da casa per portarlo “in direttissima” negli Inferi, dove ad attenderlo c’era nientemeno che Minosse, il giudice infernale. I magistrati sbigottiti lo mandano in prigione. Da qui in avanti iniziano le innumerevoli storie cantate in prima persona, dal Silvio affabulatore ai suoi nuovi compagni detenuti. Dunque citando qua e là i suoi amici Dell’Utri, Previti, il “Divino Giulio”, Licio Gelli, Mangano e chi più ne ha più ne metta, scioglie all’urna un cantico che forse non morrà: Da Capaci ad Aldo Moro, dalla P2 al Banco Ambrosiano, da Piazza Fontana alla Fondazione Monte Tabor, dall’uno all’altro mar. Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza.
Gli autori raccontano in modo allegorico e sarcastico uno squarcio di realtà, sottolineando che il vero mistero buffo dell’Italia sono gli italiani; gli stessi che dal novembre 2011, hanno dimostrato ancora una volta la propria imprevedibilità in seguito al mutamento politico-morale conseguenza del governo tecnico. D’altra parte, “tutti sanno che una cosa è impossibile da realizzare, finché arriva uno sprovveduto che non sapendolo la inventa” (A. Einstein).
DARIO FO RACCONTA LA GENESI DEL LIBRO IL PAESE DEI MISTERI BUFFI, SCRITTO INSIEME A GIUSEPPINA MANIN:
fonte: steteofmind.it
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