Dario Fo e Franca Rame di nuovo insieme sul palco del teatro Obihall di Firenze, per riproporre una singolare versione del loro Mistero Buffo, lo spettacolo che coinvolge il pubblico in un grottesco alternarsi di suoni e ritmi di antichi dialetti.
Le parole non servono quando due artisti del calibro di Dario Fo e Franca Rame si muovono sotto la luce di due riflettori a dipingere con ironia le antiche vicende tratte dai testi sacri e dalla storia del cattolicesimo, con immancabili collegamenti ai fatti d’attualità politica e sociale. Non serve capire alla lettera cosa gli attori dicono, basta lasciarsi trascinare dal tempo sostenuto di quel grammelot, con cui lo spettacolo recupera lo stile teatrale dei giullari medioevali.
Come due artisti senza remore, Dario Fo e Franca Rame interpretano quattro monologhi alternandosi sul palco con rispetto e ammirazione. La moltiplicazione dei pani e dei pesci e la Resurrezione di Lazzaro, la Genesi, Bonifacio VIII e Maria alla Croce sono i quattro episodi che costituiscono il canovaccio su cui si sviluppa l’improvvisazione di Dario Fo, che è capace di coniugare la finzione della sua pantomima, la concentrazione nella sua dialettica e la spontaneità del suo parlare con il pubblico. Il teatro si riduce, così, a una piccola stanza dove, al centro, si trova l’attore che racconta buffamente il miracolo dei pani farciti di pesce, prima di calarsi nel ruolo del venale guardiano del cimitero e degli altri personaggi che accettano scommesse sulla resurrezione di Lazzaro.
Per tutto lo spettacolo la recitazione di Dario Fo è quasi confidenziale sino a giungere al suo apice artistico nella mimica di Bonifacio VIII, che canta e parla in un antico dialetto provenzale dell’anno Mille. Lo spettacolo è compensato, per l’altra metà, dalle interpretazioni più intime, e allo stesso modo penetranti, di Franca Rame. Se inizialmente l’artista, nelle vesti di Eva, racconta un sagace e allusivo incontro con Adamo, nell’ultima parte incanta il pubblico, che resta in silenzio fino alla fine del suo brano, Maria alla Croce. Franca Rame presta la voce al tormento e al dolore di Maria che non può più aiutare il figlio a non soffrire e urla contro l’arcangelo Gabriele, traditore per non aver preannunciato questa tragica morte. Una riflessione profonda che, dopo tante battute e forti risate, conclude Mistero Buffo, apprezzato con commozione da tutto il pubblico e che si rivela, ancora una volta, un successo – dopo quarantadue anni dalla prima di Milano, nel 1969.
Franca Rame confessa in chiusura: «Abbiamo 167 anni e andiamo ancora in giro come due sciagurati…» e poi, mano nella mano, tutti e due salutano il teatro con l’umiltà degli artisti di talento.
fonte: persinsala.it