Dobbiamo ripeterlo, all'infinito. L'Italia che ha introdotto il reato d'immigrazione clandestina, l'allungamento della detenzione preventiva, che pratica i respingimenti azzerando il diritto d'asilo, è un paese sul baratro.
È in atto, ora e qui, una trasformazione violenta della nostra natura, un capovolgimento antropologico, una corruzione storica.
Ne viene modificata la ragione d’essere di un popolo, le basi costitutive delle convivenza tra gli uomini e la cancellazione insieme delle basi del diritto universale come del cuore solidaristico ed egualitario della nostra costituzione.
Una delle culture profonde e fin qui radicate che così rischiano di venir meno è quella dell’asilo, del soggiorno e dell’ospitalità, tradizione positiva di quella che chiamiamo “nostra civiltà”. Coi respingimenti e con le ronde che privatizzano e aizzano all’odio sulla sicurezza, tutti i giorni la civiltà è negata.
Negato quel diritto all’asilo che esisteva nelle chiese cristiane 2000 anni fa e che era parte costitutiva della realtà dei Comuni che garantivano la salvezza al fuggiasco e all’oppresso che si era liberato dal servaggio del vassallo.
“Sei salvo”, dicevano offrendo libertà e lavoro. Poi si dicono cristiani. Non sanno neanche cosa significhi. Perché il cristianesimo è accoglimento, la prima regola, il primo atto d’amore verso il cacciato. C’è una cosa che io recito in questi giorni con Franca su Ambrogio: sant’Ambrogio in un suo discorso che tiene ai parrocchiani ad un certo punto se la prende coi ricchi e dice: “Ricordati che quando sentirai bussare alla tua porta, mentre sei al tiepido e tranquillo al coperto, colui che viene a bussare è un uomo e quell’uomo si chiama Gesù”. Pensa un po’.
Di più. La cosa orrenda è che noi ormai siamo pronti ad accettare l’ospitalità solo se pagata bene. Se chi viene a chiedere ospitalità ha la possibilità di pagarci. Eppure nello scambio ineguale i miseri siano noi e l’arricchimento tra le culture sembra una favola affondata, colata a picco con la disperazione dei naufraghi dei barconi, dentro le apparenze-verità televisive. Ecco che crolla quella sensibilità minuta de vivere, patrimonio fin qui diffuso. Prima si diceva: nessuno riceverà solo un bicchier d’acqua se dirà ho sete alla nostra porta, noi daremo il vino. E’ un’espressione che c’è in Veneto, in Lombardia, in Piemonte, in Sicilia, dappertutto. Offriamo a chiunque, prima ancora che quello chieda. E oggi l’unica cosa che sappiamo dire, grazie alla destra di governo, al populismo razzista che alimenta, ma anche ai molti ritardi e silenzi di quella che ancora ci ostiniamo a chiamare sinistra è: vattene via.
Hanno diritto all’accoglienza perché hanno diritto a fuggire dalla guerra, dai regimi dittatoriali che noi spesso aiutiamo per le materie prime da sfruttare. E perché rifiutano la miseria e la fame. Lo dice l’Onu che c’è un miliardo di esseri umani ridotto a morire perché in assenza di cibo nelle periferie e baraccopoli dei continenti depredati come l’Africa e l’Asia. E noi offriamo di caldo solo il razzismo che è l’anticamera, aperta, del fascismo.
Oggi in piazza e ogni giorno nella realtà quotidiana dobbiamo essere in tanti per fermare questa deriva, per gridare che i migranti siamo noi.
Dario Fo