LO SMANTELLAMENTO DELLA CULTURA ITALIANA

“Cosa ti credi di essere? Uno di Brera?” Si diceva così ai miei tempi, noi allievi dell’Accademia, a qualche studente un po’ borioso che si voleva metter in riga. Perchè “quelli di Brera” erano comunque una spanna in su di tutti gli altri. Uscire diplomati da quella scuola antica, nata a metà Settecento per volere dell’imperatrice Maria Teresa “per sottrarre l'insegnamento delle Belle Arti ad artigiani e artisti privati e sottoporlo alla pubblica sorveglianza e al pubblico giudizio”, era già di per sè una medaglia da appuntarsi al petto. Una fucina di artisti destinata non solo ai talenti nostrani. Nel palazzo di via Brera 28 sono arrivati studenti e maestri del mondo intero. Attirati dall’eccellenza dell’insegnamento ma anche dalla contiguità della sua Pinacoteca, raccolta di opere straordinarie, nata proprio come occasione didattica: con pochi passi gli allievi potevano accedere a quel patrimonio, studiarlo nei dettagli, copiare dipinti, modellare calchi “dal vero”.

Un “unicum” magnifico, un punto di riferimento per l’arte e la cultura internazionali, che adesso qualcuno ha deciso di voler smembrare. I quadri non ci stanno più, tesori sono pigiati nelle cantine, tiriamoli fuori, allarghiamo la Pinacoteca, facciamola diventare il nostro Louvre. E sbattiamo fuori i giovani, gli studenti e i professori, mandiamoli in periferia, in qualche spazio galleggiante nel nulla. E perché no, magari in una caserma, certo con uno spazio ridotto e poco armonico, ma siamo in un momento di crisi! Che ci vuoi fare… Il risultato sarà di rendere la formazione artistica, l’arte di domani, da viva e vitale com’è stata fino a oggi, a cupamente museale, nel senso stretto del termine.

Ma questo attacco alle Belle Arti, patrimonio principe del nostro Paese, non è solo circoscritto a Milano. L’elenco delle Accademie nazionali in grave crisi o addirittura in predicato per chiudere, cresce paurosamente di giorno in giorno. Grida di allarme arrivano dagli enti di Bologna e di Firenze, di Roma, di Napoli, di Urbino, di Genova, Venezia, Palermo, Carrara… e l’elenco è ancora lungo e coinvolge quasi tutte le scuole d’arte d’Italia. Tutte accademie storiche lasciate agonizzare per mancanza di fondi, sempre meno appetiti dai docenti più prestigiosi. Una lenta agonia, direi meglio, un’eutanasia concertata dai responsabili dei nostri Beni Culturali, senza che nessuno, neanche il Papa, stavolta abbia qualcosa da ridire… eppure la Brera più antica (1100) era stata fondata dagli Umiliati e più tardi ristrutturata dai Gesuiti.
Non basta. Questo folle progetto di annientamento di talenti di domani sta strabordando già oltre le arti figurative. Anche i Conservatori, anche le Scuole di Arte Drammatica, si stanno spegnendo a velocità impressionante. Di nuovo Milano, fino a qualche decennio fa faro di cultura europea, sembra sgomitare per arrivare prima. Sta franando la Scuola d’arte drammatica che porta il nome di uno dei più insigni operatori culturali del dopoguerra, la “Paolo Grassi”, un tempo vivaio di attori e registi insigni. In pessima salute la Scuola di Musica del Conservatorio, anch’essa considerata fino a pochi anni fa prestigiosissima. Insomma è come se questa città, se questo Paese, facessero a gara per far fuori il futuro della nostra cultura. Una follia masochistica, o forse il cinico progetto di estirpare quella mala erba, pericolosa perchè mai addomesticabile, che sono sempre stati e sempre saranno gli artisti.

Dario Fo