Da sempre ho bisogno di disegnare o dipingere quasi ogni giorno. Ma da un po’ di tempo ho scoperto un sistema davvero magico di elaborare i miei dipinti. Eseguo una pittura a tempera ripresa con passaggi di colori ad olio, caricata di smalto essiccante perché si asciughi in fretta. Quindi infilo la tavola nella fotocopiatrice e la programmo in modo che mi riproduca un’immagine cromaticamente capovolta, cioè là dove nell’originale c’è il giallo senese apparirà un blu di cobalto, dov’è il rosso faccio apparire il violetto e così via: il nero si tramuta in bianco e l’arancione in verde, e viceversa.
Questa folle operazione non la eseguo da solo, mi faccio aiutare da Giselda o da Carlotta, due assistenti nate col computer inserito in capo. Spesso il risultato è disastroso: le immagini che riappaiono hanno perso volume, le ombre proprie e quelle portate sono sparite, per non parlare dei tagli di luce, che nell’originale esaltano le figure ma qui sono defunti. In altri casi, invece, si produce una metamorfosi davvero sorprendente: il dipinto acquista una profondità inaspettata, soprattutto il movimento compositivo è esasperato al punto da farlo apparire un mosaico surrealista, dove le figure sembrano sortire dalla tavola in una quarta dimensione.
Finita l’operazione, infilo la migliore variante del dipinto nella fotocopiatrice, una macchina di ultima generazione, e aiutato dalle due assistenti cerebrocomputerizzate, ordino al computer di eseguire nell’ultima versione nuove varianti d’impianto. Il taglio di luce diventa nero, e l’ombra chiara, come se le figure fossero illuminate da due lati. Il cielo è verde veronese, i personaggi sembrano inseriti ad altorilievo. Suggerendo al computer poi altre varianti, arriviamo pure a muovere ogni dettaglio di immagine, farlo esplodere, ricomporre e soprattutto si giunge ad agitare le figure di ragazzi e ragazze come danzassero e giocassero ad arrotolarsi uno abbracciato all’altro.
Di volta in volta il risultato è di assistere ad un gioco di ribaltamento paradossale, ad ogni sfornata appaiono dipinti di scuole diverse, ecco un quadro Fauve, poi un metafisico, un periodo blu di Picasso e un’affresco bizantino. A questo punto provo ad infilare nel riproduttore una pittura di Cimabue in cui il bianco di base (la biacca) per cause chimiche si era trasformato in terra gialla e in nero, una specie di foto in negativo. Ordinando al computer di rovesciare l’immagine, ecco che si vede riapparire l’affresco più o meno come era stato dipinto dal maestro di Giotto. Proprio un miracolo!
Nei giorni appresso mi sono lasciato andare addirittura ad una specie di profanazione da arresto immediato, ho usato lo stesso sistema con dipinti di Leonardo, Raffaello, Michelangelo e perfino di Simone Martini. Il risultato era ogni volta da urlo. Spesso la pittura che ne sortiva era delicata come provenisse dai provenzali, altre sembravano pitture egizie.
Ma presto mi sono reso conto che questo gioco stava diventando pericoloso. Guardavo un dipinto o una foto stampata su un quotidiano e mi appariva subito trasformata dal cervello alla maniera del computer.
Il guaio è che questa tendenza alla deformazione metamorfica ha cominciato a manifestarsi anche con le immagini reali, addirittura guardando le mie collaboratrici e perfino Franca. All’istante le vedevo tradotte in figure atzeche o minoiche e poi ancora allungate e sinuose come ritratti di Modigliani in movimento.
Non vi dico cosa mi è capitato ponendomi dinanzi allo schermo della televisione.
Soprattutto facendo zapping, mi è accaduto di transitare per un documentario sulla fauna africana dove gazzelle s’abbeveravano al fiume insieme a ippopotami, e di colpo ecco un getto d’acqua dal quale esplode l’immagine di un coccodrillo che si divora una malcapitata preda. E poi le scimmie che volano di ramo in ramo inseguite da un giaguaro che riesce quasi a correre in equilibrio sui rami e più in basso serpenti e iguana, come draghi in miniatura.
Passo su un altro canale e mi ritrovo al Parlamento con volti di politici che si muovono chiacchierando come al solito nell’ emiciclo, fra un banco e l’altro, ma ecco cambiano ritmo e camminata, oscillano come fossero capre dell’Africa nord-orientale. Gracchiano come corvi in fila sui rami, in attesa delle prede squarciate da qualche belva affamata. Deputati e ministri femmina si trasformano in fenicotteri azzurri e rosa inseguiti da scimmie moleste.
All’istante il branco dei babbuini si sbraccia urlando contro un loro simile che ha preso la parola per un discorso. Leoni spelacchiati ruggiscono minacciosi, una iena azzanna un lurido avvoltoio, che a sua volta lo sbeccheggia in pieno cranio.
Andreotti sta seduto impassibile, è l’unico che non si trasforma, non ne ha bisogno…
Mi accorgo che ci sono animali che continuano a tramutarsi in specie diverse. Ce n’è uno che da canguro diventa ornitorinco, e poi ancora porcospino… ma non ci si trova bene, decide di tramutarsi in porco semplice, senza spine.
Ma ecco che suona una campanella. Gli onorevoli animali sono presi come dal panico: corrono di qua e di là prendendo posto sugli scranni. Qualcuno azzanna l’animale che gli ha portato via il posto.
Si fa silenzio, sta per entrare in scena il capobranco dominante. Nell’operazione di assestamento, gli animali all’unisono si tramutano in bracchi, setter e altri cani da riporto. Di colpo ci si accorge che tutti hanno il collare e calzano il cappottino a mo’ di livrea, con i colori dell’allevamento a cui appartengono. Si riconoscono l’un l’altro grazie all’odore. Infatti si annusano come di regola il sedere, e alcuni si rizzano per montare la femmina più attraente. Purtroppo le femmine sono in numero limitato, quindi i più si accontentano di tentare una rapida accoppiata con un maschio scelto a caso.
Quattro mastini guardaspalle fanno largo per l’ingresso del dominante, che si porta su un seggio rialzato da tre cuscini. Tre levrieri femmina gli vanno incontro. Lui le annusa, le femmine sollevano le code per comunicargli la loro dedizione.
Si vota per le riforme di legge contro la violenza sessuale e il rimpatrio dei clandestini. Lo schermo proietta la rivolta degli immigrati imprigionati a Lampedusa.
Un vescovo abusivo entra in scena urlando: “Quegli uomini hanno ragione di ribellarsi: li state trattando da bestie!”
Risposta di alcuni canidi: “Ma sono bestie! Come noi, del resto”. E il vescovo ribatte: “Li tenete stipati come galline allevate in batteria, senza servizi igienici”
“Sì, in batteria, ma non fanno uova!” risponde un latrato anonimo.
E il vescovo di rimando: “Ammassati in stanze dove stanno uno sull’altro”.
“Ma c’è modo e modo di protestare – grida un senatore da riporto – Quelli hanno dato fuoco ai materassi, alle brande, e hanno mandato in fiamme tutto il loro pollaio… pardon, volevo dire porcile…
“A proposito di porci e porcili – dice ad alta voce il maschio dominante, che per l’occasione si è trasformato in bassotto col toupè e la cappottina a doppiopetto – ho cattive notizie sull’andamento dell’economia”.
E tutti in coro: “Possibile? Ma stai scherzando?”
“No, sto dicendo il vero. Io ve le riferisco ma vi avverto che se voi le divulgate, io dico che ve le siete inventate, e son pronto a giurarlo sulle teste dei miei cinque figli… o sono sei?… no, sono quattro… oh beh, non ricordo… insomma non stiamo a polemizzare! Il fatto è che le imprese che fabbricano prosciutto, culatello e salumi in genere stanno andando in malora. Negli ultimi mesi in tutto il mondo ma soprattutto in Italia, c’è stato un crollo di vendite spaventoso. Lo stesso sta succedendo con le auto. Specie da noi, non se ne vendono più: un crollo del quarantacinque per cento. Le uniche che vanno sono quelle a motore ecologico. Ma la Fiat ne produce un minimo, a differenza dei giapponesi, i tedeschi e perfino gli americani, con quell’Obama, che stanno spingendo sull’elettrico, sull’ibrido, sui propellenti puliti come ossessi. E pensare che i nostri governi, coglioni, tanto da sinistra che da destra, alla Fiat hanno regalato miliardi per anni e anni perché facessero ricerca e si buttassero sull’ecologico. Ma loro, imbecilli, per i loro motori privilegiavano il petrolio, ed ecco qua: petrolio e petrolieri vanno a picco a loro volta, e tirano sotto anche tutto il mercato della plastica, dei fertilizzanti, pneumatici, catrame, asfalto e affini. Ma non finisce qua. Crollano anche le banche, nessun istituto di credito si fida dell’altro. Naturalmente crollano anche le assicurazioni. È inutile che mi guardiate così. Sì, ci sono di mezzo anch’io. Per fortuna la televisione tiene ancora, e perdìo guai a chi me la tocca. Gli sparo con la pistola, anzi no: con un kalashnikov, anzi un bazooka! A proposito, mi dimenticavo: sta crollando anche il mercato delle armi. Stiamo proprio in piena catastrofe: non potremo nemmeno tirarci un colpo in testa. Ma guai a voi se ne fate parola intorno, perdìo; la gente, il popolo non deve sapere. Bisogna continuare a convincerli ad essere ottimisti. D’accordo, lo so che essere positivi, aver fiducia in ‘sto momento è da coglioni. Ma se i nostri sudditi – pardon, i nostri elettori si rendono conto fin dove li abbiamo portati… se prendono coscienza, siamo tutti nella merda fino alla bocca, e guai a chi fa l’onda. Ingoiate senza far gargarismi… è da scostumati. Fiducia! Fiducia, anche se ci troviamo al bordo del cataclisma.
E sapete qual è il guaio più grande, il vero disastro? Il fatto che Veltroni tutto a un tratto si sia dimesso, e che il Pd si stia sfasciando. Si muovono come tanti allocchiti: “Che si fa, facciamo le primarie? no rimandiamo, andiamo a votare alle europee così alla borlona, poi vedremo… se crolliamo del tutto faremo un funerale stupendo”. E così ci hanno fregati.
Un boxer che si sta grattando le pulci sussulta ed esclama: “Come, ci hanno fregati? In che senso?”
E il capobranco: “Nel senso che è tutto pianificato. Ci hanno mollato a bella posta, lasciandoci senza opposizione. E adesso come facciamo? Senza di loro, con chi ce la prendiamo, noi? A chi diamo la colpa del disastro che succede? Chi lascia arrivare qui gli extracomunitari? Chi è responsabile della violenza dei clandestini? Voi non l’avete capito perché siete una massa di inetti senza cervello, ma questo di chiamarsi fuori, di sparire dalla politica è un colpo da genio che ci ha giocato quel serpente di D’Alema. È lui che ha avuto st’idea geniale di sganciarsi dalla politica. Senza un contraddittorio con una sinistra squacquera come si era ridotta, che siamo? Non siamo più una democrazia. Finalmente potranno gridare che siamo un regime”.
Tutti i canidi del Parlamento e del Senato guaiscono spisciacchiando qua e là senza manco sollevare la zampa. Le immagini della seduta, a cominciare da quelle proiettate in televisione stanno sbianchendo, perdono di croma e svaniscono.