Il maestro: pozze nella cripta, troppe leggerezze. La replica del sindaco "reggente" Ivo Rossi: "E' il monumento più monitorato di Padova e per gli esperti è tutto ok"
La cappella degli Scrovegni come il Vajont. Ovvero «Qui si fidano dei tecnici incaricati dal Comune, non ascoltano l’allarme di studiosi molto più accreditati e intanto il rischio del disastro è vicinissimo. Proprio come è successo con il Vajont». Ci va giù pesante Dario Fo, 87 anni, Nobel per la letteratura nel ’97, travolto da sconfinata passione per gli affreschi di Giotto e da grande ansia per i rischi che corrono causa allagamenti nella cripta. Il quale Fo, il monumento Fo, ieri pomeriggio si è ritrovato in una saletta dell’hotel Milano al centro di una movimentata conferenza stampa che, rivista in gramelot, avrebbe potuto diventar materia da “Mistero buffo”.
«Mi scuso con il Comune se ho voluto informarmi». Movimentata da un appiccicoso, più che caliente, clima elettorale nel quale ognuno tirava l’allievo di Cimabue dalla propria parte, chi sventolando il baratro nel quale gli affreschi presto sprofonderanno per la miopia dell’amministrazione (ovvero Alessandro Zan, 40 anni, deputato di Sel, candidato alle primarie del centrosinistra per il sindaco); chi tranquillizzando: tutto sotto controllo (Ivo Rossi, attuale sindaco reggente, e candidato di centrosinistra). E chi, Giuliano Pisani, storico dell’arte e consigliere comunale (gruppo misto), affondando un campionario di coltelli su Zanonato prima e Rossi adesso, rei di pensare più a costruire garage a due passi dagli Scrovegni, che a proteggere gli affreschi.Per chiarire. Mercoledì Zan ha portato in Parlamento un’interrogazione perché il ciclo di affreschi giotteschi venga inserito tra i beni tutelati dall’Unesco. Ieri Dario Fo, grande conoscitore di Giotto, è arrivato a Padova: oggi alle 17 è al Geox con la trasposizione teatrale di un testo della moglie Franca Rame: “In fuga dal senato”, il racconto di due anni «nel frigorifero dei sentimenti», come lei definì Parlamento. Una telefonata al maestro, innegabile opportunismo da campagna elettorale da parte di Zan, e ieri i giornali già erano farciti di un tot di polemiche sull’argomento. Compreso Colasio a dare del rintronato a Fo. Un mesto scivolone da parte dell’assessore alla Cultura di Padova. Risultato, ieri, Fo con a fianco Zan, Pisani e Sergio Costa e altri supporter dalla lunga militanza in difesa di Giotto, hanno ricevuto i giornalisti. «Non mi sento una persona civile se vengo qui e non mi occupo di un monumento unico, che deve rimanere visibile. E mi scuso con i dirigenti del Comune se mi sono informato (ironico, va da sé), se appunto perché so bene com’è la situazione, mi vengono in mente i grandi disastri della storia. Sono stato sollecitato ad occuparmene da molti, e non da baluba ma da studiosi molto accreditati», attacca il maestro.
Il maestro si scalda, il vicesindaco abbozza. La saletta è un assiepamento di giornalisti, tivù, fotografi, gran caldo e anche Fo comincia a scaldarsi. Ed ecco che arriva Ivo Rossi. Il quale non era invitato, ma tenerlo lontano dai riflettori non è impresa di questo mondo. «Buongiorno maestro. Sono venuto a stringerle la mano»: se Rossi pensa di cavarsela così, sbaglia. «Perché non siete venuti al convegno a Firenze su Giotto con i massimi esperti in restauro e studiosi?», parte in quarta Fo. «Ma anche noi abbiamo i migliori». «No». E Rossi: «Beh, io mi fermo qui, diventa una faccenda politica...». Fo: «No, io non sostengo nessuno e mi fa orrore buttarla in politica». E Rossi: «No, non buttiamo Giotto in politica, ma io qui non vedo persone votate a distruggere gli affreschi...». Vabbè. Rossi glissa e invita il maestro a piantare un albero in via Pio X, strada dei Nobel ma la cosa si farà la prossima volta sia perché Fo è impegnato, sia perché manca l’albero da piantare. Stretta di mano e Rossi si lancia in un altro invito: «al convegno su Giotto che faremo in marzo»; «Vengo se sarò vivo e se invitate anche gli esperti di Firenze», non molla Fo, «bisogna andare oltre la consuetudine nella tutela perché dopo, quando succede il papocchio, è troppo tardi». Rossi: «Gli esperti dicono che non c’è risalita di umidità». Il maestro: «Eccome se si vede, ci sono le pozze nella cripta, anche 60 centimetri di acqua». È il momento di tagliare Giotto e anche l’angolo, e il sindaco reggente con aplomb se ne va. Sorride, è probabile che potendo spennerebbe una a una le ali degli angeli giotteschi che tutta ’sta grana d’immagine che gli stanno procurando. Ma sorride. E con eleganza, se ne va.
La nota di Rossi in serata: «Monumento monitorato». In serata arriva una nota da Rossi: «La Cappella di Giotto è il monumento più monitorato d'Italia: il microclima interno è regolato per mantenere i migliori parametri di umidità relativa e temperatura. Il monitoraggio è oggetto delle costanti attenzioni di una commissione apposita della quale fa parte anche l'istituto centrale del restauro, del ministero dei Beni culturali e sovrintendenze unitamente ai tecnici del Comune. Da quando è diventata proprietà del Comune, alla fine dell'800, è nota la presenza di acqua all'interno della cripta. Presenza accertata e considerata preliminarmente anche in occasione dei restauri fatti sotto la guida del professor Basile. Nessuno ha mai minimizzato. Il convegno internazionale a marzo è la dimostrazione dell'attenzione che riponiamo verso questo straordinario patrimonio. Mi auguro che gli esperti invitati sapranno mettere quel punto fermo che è proprio solo del criterio scientifico nell'esprimere giudizi. D'altra parte nella città di Galileo questo è l'unico metodo che conosciamo». Ma nuvoloni si addensano su quel convegno: Pisani sostiene che è incentrato più su storia e arte che su salvaguardia, della quale parleranno quasi solo i membri della commissione. Quindi nessun confronto. Zan, in elegante silenzio durante tutta ll’animata performance, si impegna a dargli man forte.
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Padova - 12 gennaio 2014
Articolo di Alberta Pierobon
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