Scritto da: Massimo Marino alle 15:44 del 24/12/2011
Tags: Dario Fo, Franca Rame, Gianrico Tedeschi, Mistero Buffo, premio Ubu, teatro delle Celebrazioni
Certe volte ritornano, i ragazzi degli anni ruggenti, pieni di storie, con qualche acciacco ma capaci ancora di guizzi ammirabili. Gianrico Tedeschi (qualcuno non giovanissimo se lo ricorda, perlomeno a Carosello) a 92 anni vince il premio Ubu come miglior attore dichiarando che ha portato un po’ dell’ironia dei vecchi tempi in uno spettacolo tetragono di Ronconi. Dario Fo, con Franca Rame, rispolvera il sempreverde Mistero Buffo ed è grande successo, con file al botteghino del teatro delle Celebrazioni di Bologna e molti spettatori stipati sul palcoscenico, come ai bei tempi del circolo la Comune di via Iussi a San Lazzaro, anni ’70, quando arrivava con le sue provocatorie pièce politiche.
E il vecchio leone, 85 primavere, non delude. Certo, il corpo non è più quello sguisciante di un tempo, che si muoveva, si contorceva, si trasformava in immagini mentali dei suoi personaggi, descrivendocene, per virtù di movimento, le qualità interiori, più nascoste, spesso più risibili, più vili. Le gambe e il busto ormai sono statici. Ma le braccia ancora acquistano la mobilità sinuosa di serpenti, e fanno balenare figure. Quella che non ha smarrito, nonostante qualche inciampo, è la verve verbale. Fo non si limita a recitare le giullarate che ha recuperato (secondo alcuni scritto, riscritto, se non, almeno in parte, inventato) da un medioevo lontano, quando il sacro e la derisione carnevalesca si mescolavano. Va con uno dei suoi vertiginosi prologhi, che sembrano a braccio (e lo sono solo in parte), a spiegare, a contestualizzare, a riportare, sempre con una battuta, un graffio satirico, ai nostri giorni. Ce n’è per tutti, governanti, banchieri, prelati, con attestati di stima all’affetto sempre mostrato dai bolognesi nei suoi confronti e alla loro combattività.
Poi inizia lo spettacolo. Ed è puro ritmo. Per via principalmente verbale ricrea la folla dei personaggi che assiste, più o meno scettica, allo spettacolo del miracolo della resurrezione di Lazzaro. Poi la palla passa a Franca Rame, che narra, più impacciata, disturbata dalla tosse, la nascita di Eva, prima di quella di Adamo, rovesciando, come da “Vangeli apocrifi” il racconto che tutti conosciamo. Intervallo. La vestizione sotto pesanti, splendenti paramenti di Bonifacio VIII, che governa la chiesa e il mondo cantando, svariando un alleluia, mentre vanitosamente cura la propria immagine e tratta trame politiche. Chiude Franca, più appannata, con un pianto trecentesco della Madonna sul figlio in croce. Non si sprecano: ma per un’ora e mezza questo spettacolo ormai “mitico” entusiasma un pubblico che come il Paese si ritrova costretto tra la nostalgia e la fiducia in anziani, sicuri patriarchi (Dario Fo, Napolitano...). Di questo abbiamo bisogno: di qualcosa di già accreditato, tramandato, meglio se già passato per televisione o raccolto e commercializzato in dvd. Il nuovo dà solo angoscia, oggi.
Fotografie di repertorio. La n. 3 è stata scattata da Enrico Scuro al Palasport di Bologna nel maggio 1977 ed è tratta dal libro I ragazzi del '77.
fonte: corriere.it