[STAMPA] Jannacci, Fo e Celentano si ritrovano in jazz

 

Dario Fo "Enzo a sorpresa ha cantato El purtava i Scarp del tenis"
 
MARINELLA VENEGONI - MILANO
Ormai riservata ai meno e ignorata dai più, una storia di eccellenze italiane si è risvegliata a Milano in questi giorni della mostra «Lazzi, sberleffi dipinti», con i quadri di Dario Fo esposti a Palazzo Reale. Con i suoi 86 anni, il sulfureo Premio Nobel sembra attaccato al bocchettone dell’energia, e per ieri mattina aveva avuto un’idea: «Non ho fatto altro - racconta - che invitare tutti quelli che ho dipinto in questo enorme quadro che rappresenta le forze della musica che prendevano vita nel Dopoguerra con la scoperta del jazz. Molti club si chiamavano come i canali: il Lambro, la Ghisolfa. Chi sapeva suonare arrivava da tutta Italia. Ieri mattina hanno risposto all’invito: ho fatto i conti, erano 62 anni che non ci si incontrava tutti insieme». Stelle di prima grandezza del jazz: Franco Cerri, suo coetaneo; Enrico Intra, dieci anni di meno: «Abbiam parlato pubblicamente del momento straordinario», prosegue Fo.
 
Il momento si è fatto ancor più straordinario quando dalla folla eccitata è arrivato Enzo Jannacci, classe 1935 e non granché in salute. Sulla fine, ecco rombare un supervan: e in una confusione di guardie del corpo, in impermeabile scuro s’è fatto avanti Adriano Celentano: classe 1938, il più giovane della banda. Jannacci e Celentano erano due star del Santa Tecla, il Club che vide i loro primi passi artistici. Enzo Jannacci, che in verità appariva roseo e in carne, si è liberato della giacca e in camiciona a righe si è diretto verso gli amici. «Enzo oggi ha deciso di farci un regalo», ha annunciato Intra. E infatti ha attaccato, alla buona e senza microfono, «El purtava i Scarp del tenis»: ma con un tale piglio, che la gente ha cominciato ad applaudire a ogni strofa, costringendolo a pregare: «Ma no, aspettate. Ora c’è la parte più commovente e provocatoria».
 
«Adriano invece - racconta ancora Fo - ha ricordato la fatica, la fame, la voglia di cambiare a ogni costo». In particolare, il Molleggiato ha rivelato un episodio in sintonia con il clima dell’epoca: «Addirittura io ho detto: stiamo insieme e facciamo un contratto, e se per caso sfondiamo, quello che guadagnamo dividiamo in parti uguali. Io e Gaber eravamo d’accordo, gli altri non hanno accettato e debbo dire: meno male».
 
Però non ha cantato. «Non c’era il microfono, Dario se l’era dimenticato. - spiega Claudia Mori che ha accompagnato il marito -. Ma è stato tutto molto simpatico, a volte le cose estemporanee sono le più belle». Prima di andarsene con il suo codazzo di bodyguards, Adriano ha anche detto che finora Milano con Pisapia non è cambiata («sembra quella dell’epoca Moratti») ed ha promesso per la settimana prossima un evento. Lo si rivedrà dunque fra breve, magari in occasione dell’incontro che, dice Fo, farà discutere con i responsabili della Cultura su dove va Milano: «Abbiamo parlato già ieri di cultura, e del disinteresse totale di qualsiasi governo con il pretesto che siamo in crisi. Si perdono posti di lavoro nei teatri, si perde lo sviluppo del pensiero e delle idee, che era un modo diverso di far politica. Comunque, c’è stata commozione. Ho visto gente che piangeva».