Un lampo sbianca all’istante il paesaggio: lo segue il boato del tuono che fa sussultare bambini e bambine dentro l’aula della scuola. Seguono urla di spavento. Poi si fa silenzio: di lì a poco s’odono bacchettii contro i vetri delle finestre: “Niente paura, ragazzi - li tranquillizza il maestro - si tratta di un po’ di grandine: i chicchi non sono granché, almeno per adesso. Sono proprio della dimensione di chicchi di riso… fate conto che qualcuno si sposi”.
Dal piano superiore giunge un improvviso tramestio con grida e risate:
“Che succede lassù?” ci si chiede in coro.
All’istante si ode un gocciolare insistente:
“Accidenti, piove dentro l’aula dal soffitto. Ecco la ragione del tramestio di poco fa”. Alcuni ragazzini vengono inondati e fuggono verso la cattedra sul fondo.
“Bravi: spostatevi tutti sul lato asciutto. Anzi, facciamo una cosa - aggiunge il maestro - aiutatemi a spingere i banchi sguazzati d’acqua contro la parete. Avanti, datevi da fare tutti e chiamate la bidella: chiedetele se vi procura qualche secchio e, in mancanza, ogni cosa che assomigli a una pentola o un bacile.”
Tutti i bambini sono eccitati, saltellano qua e là per non farsi colpire dagli sbroffi d’acqua. Alcuni scolari osservano che sul soffitto s’è disegnata una sequenza di macchie d’umido che fanno assomigliare l’intonaco ad un’enorme carta geografica con isole, coste, fiumi e laghi.
Rientrano ragazzi e ragazze che reggono dei cesti per la carta: “Ottimi, per fortuna questi non sono bucati”, commenta il maestro e si fa aiutare a sistemarli nei punti dove scendono le docciate.
Il piovazzo ora rimbomba dentro i contenitori come una cadenza da batteria musicale: un ragazzino imita il ritmo e accenna un passo di danza. Qualcuno intona anche una tiritera in dialetto: “Piòv piòv, la galina l’à fa l’ov… la fa l’ov in te pulé… piov piov pusé (pusè = di più).” Un ragazzino napoletano ricalca il canto con una tiritera simile, ma nella sua lingua: “Chiòve chiòve, anche l’u gallo ce fa ll’ova… ll’ova già ‘ngallat’, li pulcill so già nnat .”
Dalla porta che dà sul corridoio s’affaccia la bidella, tiene sulla testa una giacca:
“Come va da voi?”
“Lo può vedere da sé” risponde il maestro.
“Sta piovendo anche nei corridoi – aggiunge la bidella - non vi dico di sopra… e in palestra peggio che peggio: per di più vorrei sapere chi è quell’imbecille che ha lasciato le finestre spalancate… c’è un lago là dentro. Incrociamo le dita perché lo sguazzo si vada sfogando…”
La bidella guarda in alto verso il soffitto: “Speriamo regga!”
“L’unica cosa che ci può consolare – commenta sottotono il maestro - è il pensiero che da noi, in Italia di scuole come questa, ritenute assolutamente inagibili, ce ne siano quasi tremila.”
“Si potrebbe fare una gara con premio a chi resiste di più” commenta la bidella.
E un ragazzino: “Eh già, come con l’Isola dei Famosi! Chi si salva va in televisione.”
“Bisognerebbe chiamare in Comune perché venissero a portarci via da qui magari con qualche autobus.”
“Abbiamo già telefonato. Purtroppo c’è il ponte sulla Tresa che è stato bloccato, il fiume è straripato a monte e si sta allagando tutta la piana, centro compreso. Anche gli impiegati e gli assessori del Comune e perfino il sindaco aspettano l’autobus di salvataggio.”
Una ragazzina scoppia in lacrime.
“A casa, vogliamo andare a casa!” piagnucola qualcuno.
“State tranquilli che appena si alza il livello dell’acqua ci verranno a prendere con le barche… ci divertiremo un mondo! Intanto – aggiunge il maestro – per non saper né leggere né scrivere, infilatevi tutti sotto i banchi, così se dovesse crollare l’intonaco siete al coperto. E tanto per dare il buon esempio io a mia volta mi sistemo sotto la cattedra.” Poi si rivolge alla bidella: “Signora se vuole approfittare anche lei, un posto c’è.”
“No, grazie, io devo fare il giro di tutte le aule.”
“Ma è sola? Dove sono finite le altre tre sue colleghe?”
“Una è in maternità e due le hanno licenziate.”
“Già, bisogna risparmiare! E voi cosa aspettate a sistemarvi tutti quanti al vostro posto sotto i banchi?” I ragazzini si infilano un po’ qui un po’ là.
“Ed ora, cominciamo la lezione. Mi vedete tutti e mi sentite?”
E i ragazzini quasi in coro: “Si sente benissimo, anche meglio di quando sta seduto in cattedra.”
“Certo, è per via che da dentro questo scatolone la voce viene proiettata meglio! Va bene, terrò lezione sempre da qui sotto!”
I ragazzini ridono e qualcuno aggiunge: “Anche a noi, maestro, piacerebbe di più ascoltarti sempre da dentro la scatola!”
“Va bene, faremo la richiesta al direttore. Per adesso comincerei col farvi qualche domanda. Cosa si dice di un fiume che esce dall’argine?”
Un bambino s’affaccia da sotto il banco e leva un braccino in alto: “Scusami maestro, cos’è l’argine?”
“Gli argini sono i bordi entro i quali scorre il fiume.” “Come dire un muraglione per impedire che venga fuori?”
“No, quella è la barriera di contenimento.”
“Beh, ma allora il nostro fiume non ha argini, gli hanno fatto un muraglione per tutto il percorso.”
“Eh sì! D’altra parte ad ogni inverno, appena c’è una tempesta, fuoriesce che pare uno tsunami.”
E una bimba: “Cos’è lo tsunami?”
In coro le risponde tutta la classe: “Ignorante, lo tsunami è un uragano che scoppia per via di un terremoto sotto l’oceano.”
“Ho voluto farvi uno scherzo, lo sapevo anch’io! E so anche che si alza il livello del mare fino a 100 metri – e poi tutto d’un fiato – e in più so anche che le onde arrivano sulle isole e tirano sotto i bagnanti che prendevano il sole sulla spiaggia, e anche i bagnini aborigeni annegano e le mucche e poi si trovano i pesci fin sopra la montagna dove c’è un albergo grandissimo e quelli che stanno lì e che non sono andati al mare e fanno il bagno in piscina sono gli unici che si salvano.”
“Brava – applaude il maestro - E sapete anche l’origine di quel terremoto che solleva l’oceano?”
Un altro bimbo sbuca dal suo banco:
“Io lo so, me l’ha detto il mio papà!”
“Sentiamo! Cosa ti ha raccontato?”
“Che è per via del mare che si scalda.”
“È vero, vai avanti: perché si scalda?”
“Si scalda perché è diventato una fetenzia che tutti ci buttano le porcherie: automobili vecchie, frigoriferi e termosifoni di scarto, petroliere che vanno a picco, e ci buttano pure le cicche ancora accese e così il prato sul fondo brucia, e poi c’è il caldo dell’aria, i pesci scappano e quelli che vogliono stare lì annegano come in brodo.”
Dall’ultimo banco s’affaccia un bimbo grassottello:
“Il mio papà invece mi ha detto che il disastro viene per via dei ghiacciai, quelli che si squagliano al Polo Nord e anche a quello Sud. Mi ha fatto vedere un documentario, è come se si buttassero cucchiaiate di gelato nell’acqua calda… blo blo, blo blo… sembra che vada tutto arrosto! E poi così i mari succede che crescono fino a uscire dalla spiaggia, e allagano tutta la riviera. Lui dice che Rimini va sotto e che andremo a fare il bagno a Bologna, in Piazza Grande che diventa come un bagnasciuga.”
“Mio zio che sta in Marina, invece – fa un altro – mi ha detto che Venezia non la vedremo più, va sotto tutta e se la vuoi vedere devi infilarti la tuta da subacqueo, la maschera con la bombola e andare sotto, ti metti in fila con altri turisti, specie giapponesi, e segui quello che tiene alto l’ombrello e ti fai tutta la visita; quando sei stanco ti puoi sedere ai tavolini, che quelli rimangono in piazza San Marco, anche sotto acqua, coi piccioni anche loro subacquei che vanno intorno a beccare le briciole.”
“Qui fra poco anche noi diventiamo subacquei”, commenta il maestro.
“Guarda, maestro, di là, da fuori della finestra, c’è un signore che fa dei segni!”
Il maestro esce allo scoperto: “Ah, è un vigile! E guarda, ce n’è un altro sulla destra! Anzi, ce n’è una squadra intera. Apriamo pure la finestra, che tanto per adesso ha smesso di piovere!”
Il vigile s’affaccia, solleva una grande borsa e l’appoggia sul davanzale: “Tenete, c’è da mangiare. Ne stiamo distribuendo a tutte le classi.”
“Oh, grazie! Evidentemente di qui non ci si può muovere, vero?”
“Purtroppo è cominciata la piena, e si sta allagando dappertutto. Siamo stati un po’ abbondanti con le porzioni, non si sa mai… Vi abbiamo messo anche dei bicchieri di carta… l’acqua non vi manca.”
Alcuni bimbi chiedono: “Ma signor vigile, scusi… come siete arrivati fin qui? A piedi? Si tocca?”
“No, noi siamo arrivati qui con un anfibio, eccolo laggiù.”
E tutti in coro:
“Oh, ci fate fare un giro anche a noi?”
“No, purtroppo ci sta appena la nostra squadra – poi, cercando di essere spiritoso - Il nostro capo l’abbiamo dovuto buttare giù, era di troppo!”
“Bambini, ringraziate i vigili per questo regalo.” Ognuno saluta e ringrazia; intanto il maestro, aiutato da qualche bimba, estrae dal sacco panini, pezzi di formaggio, pacchetti di affettato, frutta in quantità e perfino fette di panettone avvolte nella stagnola. Sistema in bell’ordine il cibo sulla cattedra e schiaffeggia le mani dei bimbi che s’allungano a raccattare cibo.
“Calma, all’intervallo manca almeno un’ora. Adesso tutti di nuovo sotto i vostri banchi e riprendiamo la nostra chiacchierata.”
Una bambina chiede col solito gesto la parola: “Maestro, ma se lasciamo fuori la roba sulla cattedra come viene giù il soffitto ci sporca tutto il mangiare: salviamo almeno il panettone!”
“Avete ragione, venite qui voi quattro – indica il gruppo di ragazzi più forzuti – e aiutatemi a sollevare la lavagna: gliela sistemiamo sopra a protezione.”
“Per me – commenta il bambino grasso – se crolla l’intonaco la lavagna non regge … va tutto a pezzi! Finisce che ci mangiamo il salame e il formaggio con schegge di lavagna.”
I ragazzini non fanno in tempo a ritornare sotto le proprie panche che vengono bloccati da un grido: una bambina è scattata fuori dal suo loculo ed è montata sul banco. “Qui sotto c’è una bestia!” grida. Il maestro con un balzo la raggiunge e guarda sotto: “No, niente paura: è solo un topolino più spaventato di te… non mi direte che vi fanno paura ‘ste povere bestiole! E’ ovvio che ‘sta creatura è fuggita dalla sua tana allagata: se noi lo cacciamo fuori si ritroverà trascinato dall’acqua che scorre intorno alla scuola e finirà nel fiume travolto dalla piena e annegato. Decidete voi.” Così dicendo, s’abbassa fin sotto il banco e ritorna in piedi tenendo fra le mani il topino – “Eccolo: guardatelo bene.” Lo mostra ai ragazzini maschi e femmine.
E’ incredibile: è una bambina accoglie fra le sue piccole mani il roditore.
“Io c’ho un criceto a casa: ci gioco sempre.”
Un ragazzino da sotto il tavolo dice sottovoce: “Qui ce n’è un altro: è tutto bagnato fradicio.” Si leva all’impiedi e lo mostra tenendolo fra le mani.
Il maestro li avverte: “Fra poco di sorcetti ne vedremo entrare in quantità: questo primo che è entrato sta di certo mandando messaggi agli altri.”
“Che messaggi? E con cosa?” chiede la scolaresca.
“Con gli ultrasuoni… specie gli squittii che noi non siamo in grado di percepire.”
“E cosa dicono?”
“Mah, più o meno così (imita un’assurda parlata in falsetto): ‘Attenti, attenti! Buone notizie: io sono qui! Sono arrivato in un posto dove ci sono degli umani piccoli che sembrano gentili… e per di più hanno un sacco di cibo a disposizione! Venite tutti qui, presto!’”
“Eh si, hai indovinato maestro! E’ vero! Dev’essere proprio così! - esclama una ragazzina - Qui c’è un topino che è riuscito a salire sulla cattedra e s’è nascosto in mezzo ai pacchetti!”
“Eh no! La nostra colazione no!”
“Non siate egoisti: abbiamo da mangiare in abbondanza. E poi non dimenticate il proverbio che abbiamo studiato l’altro ieri. Vi ricordate come diceva?”
E in coro tutta la scolaresca recita: “Chi è generoso con chi sta in difficoltà riceverà regali in quantità! Chi tiene tutto per sé e nulla dà rimarrà tutto solo da far pietà!”
“Bravi! E allora mettetelo in pratica: siccome però bisogna essere generosi, ma non cialtroni, ritiriamo tutto nella grande borsa e lasciamo un po’ di cibo ai sorcetti.”
Sotto la direzione del maestro tutti si danno da fare.
Ha smesso di piovere, ogni tanto un ragazzo segnala d’aver intravisto un nuovo topo superstite da sfamare. Qualcuno lancia un allarme: “Attenti, stanno scendendo tutti gli allievi del piano di sopra. Con loro c’è anche il direttore.”
Il maestro ordina: “Nascondete i topolini!”
“E dove li nascondiamo?”
“Infilateli nelle cartelle, nei berretti e in tasca se non avete altro.”
Aumenta il rumore delle pedate di ragazzi che scendono le scale. Ecco che s’affaccia il preside.
“Bravi, avete fatto bene a infilarvi sotto i banchi. Al piano superiore purtroppo le aule si stanno allagando del tutto, quindi questi vostri compagni saliranno su due mezzi anfibi che sono arrivati a soccorrerci, poi più tardi toccherà a voi.”
Alcuni allievi portano in aula delle borse ancora gonfie di cibo. “Grazie – dice il maestro – ma ne abbiamo ricevute in abbondanza anche noi.”
E il preside: “Datemi retta, accettatele: è sempre meglio tenerne una buona scorta.”
Una voce avverte: “L’anfibio sta attraccando ai gradoni dell’ingresso.”
Tutti i soccorsi si precipitano fuori dal portone.
I rimasti salutano affacciandosi alle finestre e poi richiudono tornando ai banchi. Estraggono dalle cartelle e dalle tasche i piccoli animali che hanno nascosto e li appoggiano sulla cattedra dove fanno bella mostra di sé numerosi sacchetti che vengono liberati dagli involucri.
“Ragazzi, voi state togliendo a queste bestiole la più grande loro soddisfazione.”
“Quale?” chiedono.
“Quella di scartare i pacchetti. Non sapete che per i topi è un godimento di valore assoluto?”
E il solito ragazzino grassottello: “Come per noi infilarsi le dita nel naso, maestro?”
“No, molto di più. Quasi come mordersi le unghie per poi sputacchiare il risultato sulla testa dei compagni.”
Scoppia una festosa risata.
Tre piccoli roditori sono saliti sulla cattedra e si sono gettati velocissimi a sgranocchiare i sacchetti.
“Maestro, possiamo sgranocchiare anche noi la nostra merenda?”
“Ma certo, ormai è passato mezzogiorno e ne avete tutto il diritto!”
Seduti sui loro banchi ognuno s’appresta a prepararsi panini con introiti vari.
Lungo il davanzale delle finestre planano due uccelli: hanno dimensione più grande rispetto ai passeri.
“Maestro, di che razza sono?”
“Per me – afferma con certezza un ragazzino con l’aria da intenditore- sono due allodole, maschio e femmina.”
“Ma guarda che sfrontati! - esclama una ragazzina – Stanno picchiettando alla finestra battendo coi becchi!”
“Vuoi vedere che sono arrivati anche loro a chiederci cibo?” azzarda un altro.
“E per forza! Ormai i nostri topi avranno telefonato a tutti quanti!”
“No, non serve dare le avvisate agli uccelli! – assicura l’intenditore - Loro vedono distante anche un chilometro e di lassù riescono a leggere anche quello che c’è stampato quaggiù sui nostri libri.”
“E’ vero – lo appoggia il bimbo napoletano – io tenevo un pappagallo che mi stava sempre sulla spalla e mi aiutava a fare i compiti.”
“Ma non dire scemenze!” gli rispondono
“Giuro! Soltanto che me li suggeriva sempre sbagliati!”
“Maestro, guarda gli uccelli: stanno crescendo di numero! Saranno ormai una mezza dozzina…”
E il maestro: “Stiamo diventando una mensa comunale!”
“Perché non spalanchiamo le finestre e non facciamo entrare anche loro?” azzarda un ragazzo.
“Beh, lasciamo che i topi abbiano almeno finito il loro pranzo…”
“Perché, hai paura che gli uccelli li sbranino? Non sono mica dei rapaci!”
“Cosa vuol dire ‘rapaci’?”
“Beh, il falco, il falcone, la poiana… mi zio li ha tutti in casa sul comò…”
“Vivi?”
“No, imbalsamati!”
E una bambina esclama: “ Ma che schifo!”
“Hai voglia aspettare che finiscano! - lo incalza un compagno – I topi stanno già facendo la coda di sotto la cattedra per salire.”
“E’ vero, è vero! Guardate come sono aumentati di numero! Fra poco ci mangeranno anche la nostra scorta.”
“Niente paura – fa il maestro – abbiamo anche il cibo che ci hanno lasciato i ragazzi delle classi di sopra.”
“Scusi maestro, posso tenerne d’acconto qualche pacchetto da portare a casa?”
“Oh, anch’io! Mi piacerebbe arrivare da mia mamma con qualcuno di questi panini… ”
“Fate pure… Che mestiere fa tuo padre?”
“E’ meccanico specializzato, ma l’hanno licenziato…”
“Quindi è in cassa integrazione…” commenta il maestro
“No, non ne ha diritto.”
“Anche il mio non ne ha diritto… è un precario!”
“Mia madre è incita.”
“Non si dice incinta! Si dice che aspetta un bimbo”
“Si, ma mio padre dice che col clima che c’è in casa mia hai voglia aspettare… quello manco esce, si rifiuta!”
“I miei invece sono ancora in fabbrica, ma però quest’anno regali non ce ne fanno.”
“Mio zio mi sta facendo un tirasassi.”
La bambina saccente grida: “Guardate, c’è un uccello grande che sta facendo scappare tutti quelli piccoli.”
“E’ un falco! - sentenzia l’intenditore – Vedrai che adesso ne acchiappa qualcuno incastrato fra il vetro e l’angolo della finestra…”
“Spalanchiamo i vetri!” grida il napoletano
“Giusto! - incita il maestro – Facciamoli entrare! L’unica è che si rifugino da noi.”
Una decina di piccoli uccelli irrompono nell’aula. “Richiudete, richiudete subito!”
Tutti i ragazzini si buttano sulle finestre e le spingono in avanti. Il falco si trova a sbattere contro i vetri e ricade all’indietro stordito: con fatica si riprende e torna a volare sparendo alla vista di tutti.
I ragazzi applaudono e gridano: “Salvi, li abbiamo salvati!”.
Gli uccelli dentro l’aula svolacchiano qua e là e s’arrestano zampettando sui pacchetti distesi sopra la cattedra. I topi dopo un attimo di perplessità riprendono a farsi il loro spuntino.
Adesso comincia a nevicare. Grossi fiocchi che scendono rallentando come piccoli paracaduti. Naturalmente quello spettacolo è accolto con un grido di gioia da tutti i ragazzini.
“Peccato - commenta il maestro - che con questo allagamento la neve non potrà attecchire, anzi al massimo fra poco sarà tutto un pantano.”
“Guardate… – osserva il bimbo saccente – i fiocchi stanno girando su se stessi come per un turbine.”
“Hai ragione – lo sostiene il maestro – questa è la classica tormenta: fra poco non ci si vedrà a due metri di distanza.”
“No, voltatevi! Non bisogna guardarla” avverte il ragazzino con la mamma incinta.
“Perchè? - gli chiedono – è una roba fatata!”
“Mio zio che è un alpino dice che in montagna quando viene la tormenta bisogna fermarsi, mettersi a gattoni, coprirsi con un gran mantello, star fermi ed aspettare che smetta perché quel… come si chiama… giratondare.”
Il maestro l’aiuta: “Turbinare.”
“Ecco si, quel giro giro lì ti imbesuisce finchè ti addormenti o svieni e poi la neve ti copre e muori gelato.”
“Allora vuol dire che non può venire nessuno a salvarci” commenta un ragazzino preoccupato.
“Se si potessero avvisare almeno i nostri genitori… chi ha il telefonino? Così si potrebbe dargli un colpo d’avvisata: ‘Mamma stai tranquilla: siamo qui bloccati dall’inondazione e dalla tormenta che addormenta, però stiamo bene. Abbiamo un sacco di roba da mangiare che ne diamo anche ai topi e agli uccelli. Adesso ti diamo tanti numeri di telefono e voi avvertite tutti gli altri papà e mamme.’”
“Si, si! Facciamo così!” gridano tutti
“Non c’è bisogno di fare tutta ‘sta caciara - rassicura il maestro - perché il preside prima di andarsene ha già chiamato tutte le famiglie.”
Una bambina scoppia in lacrime e grida: “Voglio la mia mamma!”
Un gruppo di ragazzi servendosi dei sacchetti di carta stanno pulendo i vetri che si sono appannati.
“Maestro, vieni a darci un occhio! Una roba mai vista: qui fuori ci sono dei caprioli e delle renne che si rizzano in piedi verso di noi sbattendo le zampe come dire ‘ aiuto, aiuto’!”
Il maestro s’avvicina alla lastra ed esclama: “E’ vero! Sono proprio caprioli! Non ci sono renne, ma insomma… ecco, quello laggiù è un cervo!”
Qualche bambino bussa sui vetri gridando: “Ehi, caprioli, avete voglia di mangiare un po’ di panettone?”
“C’avete azzeccato! Altro che panettone si mangerebbero: se si sono spinti ad arrivare fino a qui vuol dire che sono giorni e giorni che non riescono a trovar cibo.”
Il bambino preoccupato manda un grido di gioia: “Guardate quest’allodola! Sta sulla mia mano… e adesso mi è saltata sulla testa… siamo amici!”
“Lascia correre gli uccelli, qui bisogna spalancare per un attimo la finestra – dice una ragazzino – e farli entrare.”
“Anche loro? - risponde il bambino saccente – stiamo diventando il paradiso terrestre sotto la tempesta! Ci manca giusto Babbo Natale con le renne!”
“Zitti un attimo! – ordina il maestro - C’è un rumore di motore che viene avanti… lo sentite? Eccolo: è una specie di motoslitta.”
“Eh si, è proprio una motoslitta!”
“State qua che vado al portone d’ingresso” il maestro esce dalla stanza correndo lungo il corridoio.
“Io so chi sono quelli della motoslitta.”
“Che discorsi, è facile capirlo: l’avrai visto anche tu in televisione. Sono guardiacaccia del Parco Nazionale delle Alpi qui vicino!”
Ritorna il maestro con due guardiacaccia che subito si rivolgono ai ragazzini ordinando: “Allontanatevi dalla finestra, altrimenti gli animali si spaventano e non riusciamo a farli entrare nel cortile qua dietro.”
“Ma possono venire anche qui nella nostra aula... ormai…”
“No… sono animali selvatici: facciamo fatica noi ad avvicinarli che stiamo con loro da anni…”.
I ragazzi ubbidiscono e si fanno indietro dalle finestre, qualcuno sbircia di traverso e segnala cosa sta succedendo: “Ecco, stanno spingendo i caprioli verso il centro ma loro non ne vogliono sapere di entrare nel portone.”
“Ecco adesso ce l’hanno fatta.”
Qualcuno si affaccia al corridoio: “Che belli che sono!”
“Si sono fermati: stanno facendo la cacca a palline.”
“Io direi che è il caso di dare questo pacco che abbiamo avanzato alle guardie del parco.”
“Ci vado io!” dice un ragazzo afferrando il pacco, un altro lo aiuta ed escono insieme.
All’istante appare all’ingresso dell’aula una donna avvolta in una specie di coperta che le copre anche la testa. Dal panneggio sul petto le spunta un bambino; dietro a lei c’è un uomo anche lui avvolto da una coperta. Dopo un attimo di silenzio i bambini dicono in coro: “Buongiorno.”
Alle spalle dei nuovi ospiti si vede spuntare uno dei guardiacaccia che si rivolge ai ragazzini: “Ecco, se volete offrire qualcosa da mangiare a questa signora e a suo marito… Non è che per caso avete un po’ di latte per il bambino?”
Sopraggiunge anche il maestro: “I signori qui sono con voi?” chiede al capo dei guardaparco.
“Si, li abbiamo caricati alle porte del paese: erano appena scesi da un camion, stavano dentro un container quasi congelati. Vi dispiace farli accomodare su una delle vostre panche?”
Il maestro chiede loro in inglese da dove siano arrivati, ma tanto la donna che l’uomo non capiscono. Allora prova a ripetere la domanda in francese e questa volta rispondono. Il maestro traduce: “Vengono dal Maghreb: hanno attraversato il mare su barconi e poi di nuovo in viaggio dentro un container. E’ un miracolo che siano sopravvissuti.”
Tutti i ragazzini offrono loro da mangiare. Il bambino piange, la madre spalanca la coperta e porge il seno al bimbo. Alcuni uccelli si alzano in volo come spaventati, alla finestra del corridoio si è affacciato il cervo con la sua femmina.
“Ma guarda – commenta il maestro – senza rendercene conto abbiamo messo su un bel presepe: Alleluia!”