Dario Fo racconta, con ironia e umorismo, i luoghi, gli eventi e i personaggi leggendari che hanno segnato la sua educazione artistica e civile. Pittore-narratore dal tratto veloce e incisivo, Fo schizza, colora, affresca. Un memorabile autoritratto. Il "romanzo" di una vita. Una storia italiana.
"Tutto dipende da dove sei nato, diceva un grande saggio. E, per quanto mi riguarda forse il saggio ci ha proprio azzeccato" dice Dario Fo, e infatti, di quella grande avventura umana, artistica e politica che è stata la sua vita leggiamo solo una parte, la prima: l'infanzia e la giovinezza, a sostegno della convinzione di Bettelheim, ampiamente condivisa dall'autore, secondo la quale i primi sette anni sono decisivi per la formazione di un uomo.
Fo prende le mosse dai luoghi natii - la riva lombarda del lago Maggiore - e si avventura nel turbine della memoria restituendoci le imprese del padre ferroviere, Felice Fo, i tetti di cioccolata di una Svizzera immaginaria, le visite estive in Lomellina al nonno Bristìn, ortolano contastorie, la scoperta dell'arte - del tratto e del colore - che incrocia quella dei fabulatori della Valtravaglia - il paese dei mezaràt - e delle loro storie beffarde e pungenti -, il mito degli Argonauti reinterpretato dal bizzarro professor Civolla.
Fo indugia su episodi di volta in volta teneri e drammatici: la prima pudica storia d'amore con una ragazza salvata dalle acque del lago in tempesta, la torrida passione della bella Nofret, legata al capo della malavita, per un giovane squinternato, le sfide tra i piccoli balordi della valle e il figlio del ferroviere, capace di arrivare con intelligenza e furbizia là dove il suo fisico sembra non potere.
La storia continua con l'apprendistato all'Accademia di Brera di Milano, gli stratagemmi per campare, la guerra, i bombardamenti, il reclutamento forzato e, per finire, con un salto temporale in avanti, i funerali di Pa' Fo, figura centrale di questo straordinario "romanzo di formazione", di questa mitica evocazione di storie, nomi, personaggi leggendari in cui fluiscono, come un fiume in piena, le ragioni del cuore, le illuminazioni della memoria, le emozioni della coscienza civile.
Il paese dei Mezarat
Anno: 2002
ISBN: 9788807818080
Lingua: Italiano
ESTRATTO
Gog
Facendo ritratti mi sono comprato un cane. Un cane straordinario!
L’idea di propormi come ritrattista mi era venuta a scuola, all’ultimo delle elementari, disegnando il ritratto della mia maestra. Era una signora piuttosto giovane con un viso delicato dentro il quale erano evidenti due occhi quasi a mandorla, un naso sottile e due labbra molto pronunciate. Il collo era lungo, quasi esagerato. A me piaceva molto. Quando a Brera, cinque anni dopo, mi sono capitati fra le mani dei ritratti di Modigliani, ho esclamato: “oh, ha conosciuto anche lui la mia maestra!”.
Quel primo ritratto aveva sortito un certo successo, cosi' mi sono buttato a ritrarre gran parte dei miei compagni, maschi e femmine, Mi ero fatto un nome: piu' di un genitore entusiasta mi aveva ripagato con qualche regalo, anche in denaro. Poi e' toccato alle ragazzine del podesta' e appresso a tutta la famiglia.
Un allevatore di cavalli, campioni di trotto e galoppo di Besnate (sul lago omonimo) mi manda a prendere. Arrivato alla tenuta con i miei album Fabriano, i pennelli e i colori, sono stato accolto da un gran scalpiccio di zoccoli che faceva tremare il terreno: li' sulla pista di dressage, stavano passando velocissimi non meno di trenta cavalli. Alcuni erano montati da fantini altri galoppavano liberi in branco. L’allevatore era molto occupato e manco mi ha salutato. Mi viene incontro una ragazzina piu' o meno della mia eta', tutta boccoli e riccioli: pareva Shirley Temple… si chiamava Ornella. Poi si presenta Matilde, la sorella maggiore, a sua volta biondo-riccioluta: splendida! Per finire appaiono altre tre sorelle. In totale cinque che, viste in gruppo, sembravano il coro degli angeli di Benozzo Gozzoli.
Ornella me le presenta a una a una. Chiedo preoccupato se dovro' fare il ritratto a tutte quante. “Si'” mi rispondono all’unisono. “In ordine di eta'!” aggiunge Ornella. “La piu' piccola sono io, quindi tocca a me per prima!” “Non ti preoccupare, non pretendiamo che tu ci ritragga tutte in un solo giorno,” aggiunge Matilde, “puoi lavorare anche fino a domani: notte compresa!” E scoppiano a ridere in coro,
Per farla breve, ho cominciato con l’abbozzare il viso di Ornella. Non mi ero mai sentito tanto insicuro, la matita non mi scorreva come al solito: inciampava… cancellavo, riprendevo… poi alla fine, stendendo il colore, ho cominciato a ingranare. Alle mie spalle sentivo esclamazioni di stupore. Ce l’avevo fatta, ma ero letteralmente madido di sudore. Terminato il primo ritratto mi sono accorto che fra gli spettatori c’era anche l’allevatore. “Non male,” commenta, “prometti bene! Se tu fossi un puledro direi che sarebbe il caso di farti entrare in pista e tenerti d’occhio!” Non tutti i cinque ritratti mi sono riusciti come avrei voluto, ma il coro degli angeli del Gozzoli era ugualmente soddisfatto.
L’allevatore, tanto per farmi sgranchire gambe e cervello, mi porta a visitare le scuderie. Passando dinanzi ai vari box, mi indica i suoi campioni. Proseguendo transitiamo davanti a un recinto dove una mezza dozzina di cuccioli giganteschi stanno facendo una gran caciara: sono tutti alani di razza. Io non ero un fanatico di cani, ma quella specie di belve burlone mi affascinavano; il maschio padre, poi, si muoveva con un’eleganza da circo equestre. La sera, prima di tornarmene a casa, il gran cavallaro con tutte le sue ragazzine intorno mi saluta e mi dice imbarazzato: “Vorrei farti un regalo, ma non so cosa scegliere. Potrei darti dei soldi, ma non mi pare una buona idea… ti andrebbero una scatola di colori e un cavalletto?”. Io l’ho interrotto: “costa molto uno di quei cuccioli di alano?”. Il cavallaro e' rimasto bloccato come in una foto di gruppo insieme a tutta la sua collezione di angeli. Quel silenzio m’aveva fatto capire immediatamente che l’argomento era intoccabile, “Mi spiace, ma quegli animali sono gia' tutti prenotati…” Poi ha aggiunto velocissimo, nell’evidente timore di venir contraddetto dalle figlie: “Uno, pero', il meno sviluppato, forse te lo posso concedere…”.
Altro silenzio e poi, con un acuto da alleluia, tutte insieme le ragazze hanno sentenziato: “ma certo, Gog e' suo!”.