Dalla sua casa di Milano Dario Fo continua a vivere senza alcun dubbio il suo sostegno ai Cinque stelle. Il premio Nobel della letteratura non drammatizza rotture e disaccordi dentro il Movimento e preferisce restare concentrato sugli sviluppi futuri, ricorrendo a una immagine in prima persona plurale: «Non dobbiamo diventare un animale braccato, come vorrebbero molti, ma restare in fuga, avanti agli altri».
Come trova lo stato di salute di M5S?
Mi pare che la situazione stia rientrando. I cinque del direttorio hanno accettato le indicazioni di Grillo che ha invitato a evitare le risse comuni, a spianare tutto e ricominciare da capo. Non si poteva andare avanti così.
Trova normale che la formazione della giunta Raggi sia una storia infinita?
È la prima giunta che si fa, con logiche diverse, in una città segnata da affari, convenienze e connivenze. Dove a certi livelli la prassi è lo scambio di favori e d’intrallazzi. È un altro stile, un altro linguaggio, un altro mondo…
Ok, però i sindaci di punta entrano tutti in attrito col Movimento. Anche questo le pare normale?
No, guardi, ci sono frizioni perché la posta in gioco è alta: è riuscire a fare qualcosa che nessuno ha mai fatto, ovvero interrompere la serie interminabile di ruberie, nefandezze e zozzerie del passato. È solo su questo che va posta l’attenzione. Non bisogna accettare ricatti da chi ha in mano gli affari sporchi di Roma, città che ha bisogno di una autentica trasformazione civile.
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