Arnoldo e io siamo stati grandi amici, Per anni quando ci vedevamo ci prendevamo in giro reciprocamente perchè non so quanta gente ci confondeva. Proprio così: prendeva lui per me e me per Arnoldo, per via del cognome e , forse, per una certa somiglianza.
Io venivo regolarmente interpellato: «Caro Foà, come sta? Che piacere che ci dà quella sua voce meravigliosa». E ad Arnoldo vedendolo serio dicevano: «Fo, certo che uno non si immagina che un attore tanto comico, ironico, sarcastico in palcoscenico sia così serio poi nella vita». Noi ci ridevamo su. Confonderci l'un l'altro per noi era come una burla fatta agli altri. Ecco, oggi ho perso questo gioco che per anni ci ha tanto divertito. E unito.
Ma a parte le risate, Arnoldo Foà è stato un personaggio straordinario. Un attore di grandi capacità e un uomo intelligente, ironico, sempre pronto alla risata. Non so perché non abbiamo mai lavorato assieme. Eppure in passato ci eravamo detti tante volte: «Facciamo qualcosa, Ruzante per esempio», che a lui piaceva molto, gli sarebbe piaciuto recitarlo. Così come mi parlava di autori del Seicento italiano , perché da vero uomo di cultura Arnoldo leggeva molto, conosceva un sacco di cose.
Quello di cui non parlava volentieri erano le persecuzioni razziali che aveva subito con la sua famiglia, in quanto ebreo. Evitava di parlarne. Tendeva sempre a raccontare aneddoti divertenti. Io ci avevo provato tante volte a farmi dire qualcosa, a ripercorrere qualche episodio di quel tragico periodo della sua vita, ma Arnoldo mi interrompeva: «Lasciamo correre, parliamo di oggi che sono vivo grazie a Dio, qualunque Dio sia».
Di Arnoldo ho sempre invidiato la vitalità. Lui ha continuato a recitare fino a due anni fa senza problemi. E tante volte ho pensato alla sua forza, perché non è vero che noi attori siamo presi dalla smania dell'esibizione a tutti i costi e a ogni età. Anche noi, specie se vecchi, ce ne staremmo volentieri in pantofole a casa. Stasera, per esempio, io devo recitare a Padova in un teatro di duemila posti, penserò a Arnoldo che, più vecchio di me di dieci anni, ha recitato fino a non molto tempo fa, oltre i 90 anni. Stanco o no che fosse, sentiva che il teatro era un modo per parlare ancora alle persone.
Perché c'è un'ultima cosa che voglio dire di lui. Quando un uomo come lui che ha vissuto fino a 97 anni, non c'è più, il dolore non è legato alla morte, ma al fatto che con lui se ne va una persona che con tutta la sua storia ha mostrato cosa sia l'attaccamento alla vita: la sua ironia, la sua allegria, la sua sete di cultura, il suo amare le donne anche quando per tutto il resto del mondo devi solo stare all'ospizio... Ecco è questa vitalità che da oggi non c'è più, a mettermi malinconia. Perdere un uomo così pieno di vita è il dolore maggiore.
Articolo di Bandettini e Di Giammarco - Pubblicato su la Repubblica del 12 Gennaio 2014 (Riproduzione riservata)