Dario Fo, Il film mancato con Pasolini

dario fo e pier paolo pasolini

Questo brano è tratto dal libro di Dario Fo “Il mondo secondo Fo” conversazione con Giuseppina Manin, giornalista. Edizioni Guanda 2008 pp.123-124
di Dale Zaccaria

Il film mancato con Pasolini

"E poi il cinema mi ha lasciato un altro ricordo ancora. Forse poco noto, ma che per me ha significato tanto. Quello con Pasolini. Con lui avrei dovuto collaborare alla realizazzione di un film sull’attentato si Sarajevo, detonatore della Prima guerra mondiale. Un’idea di Pasolini stesso. Pietrangeli avrebbe dovuto girare un film e collaborare con me e Pier Paolo alla sceneggiatura. Purtroppo il progetto si inceppò quando eravamo ancora nella fase del cosidetto “ trattamento”, un passo prima del lavoro di scrittura del copione. Però, anche se non andò mai in porto, per me fu l’occasione di conoscere Pier Paolo."

Che impressione le fece?

"Di un uomo molto riservato, con cui era difficile entrare in contatto, ma di cui subito intuivi l’intelligenza e la cultura straordinarie. Davanti a uno che ha fatto un film come il Vangelo secondo Matteo non ci si tira giù uno ma trentamila cappelli… Lo ammiravo moltissimo, però non sempre condividevo le sue opinioni. Anzi. Quando lui attaccò gli studenti figli della borghesia schierandosi dalla parte dei poliziotti figli del proletariato, io in teatro lo attaccai a mia volta, trasformando quel suo intervento in una satira dove alla fine il difensore-filosofo delle forze dell’ordine si ritrova bastonato dalle medesime. Pasolini venne a saperlo e se ne risentì. Eppure, quando ripenso alla sua morte, a quell’orribile delitto, non riesco a levarmi dalla testa che dietro le spranghe di quei ragazzi di vita che tanto lo affascinavano , ci siano stati mandati di Stato. Forse gli stessi che, nel Marzo del 73, un paio d’anni prima della morte di Pier Paolo, fecero rapire e stuprare Franca. Servizi segreti deviati, come si dice. Anche se quella sera, in una caserma del cento di Milano, alla notizia di quell’atto efferato e vigliacco contro una donna, il generale Palumbo della caserma Pastrengo brindò sorridendo: missione compiuta."

Come molti altri intellettuali “ di sinistra” del tempo anche lei quindi non si trovò sempre d’accordo con quelle che molti definivano le “provocazioni” di Pasolini. Cosa separava di fondo la visione del mondo di Pasolini dalla sua?

"Forse le nostre origini. Pasolini parlava da friuliano trapiantato a Roma, due realtà che mai lo avevano portato a contatto diretto con la classe operaia. Lui non ne aveva conoscenza. Per me invece, vissuto ai bordi della Lombardia e Piemonte, le due regioni più industrializzate del Paese, il mondo operaio era una realtà molto importante. A calamitare l’attenzione di Pasolini era invece il sottoproletariato, gente spesso più vicina al mondo della malavita che a quello del lavoro, gente che tirava a campare… Da grande artista qual’era, lui ha saputo raccontarlo con straordinaria poesia, ne ha fatto un emblema e forse l’ha anche idealizzato."

fonte: pasolinipuntonet.blogspot.it