La Biblioteca statale dei Girolamini a Napoli è uno dei tesori librari d'Italia. Aperto dalla fine del '500 al pubblico, l'istituto della congregazione dei frati di San Filippo Neri conserva volumi di religione, musica e storia antichi, alla sua fondazione partecipò il filosofo Giambattista Vico, già sono spariti di recente almeno 1.500 libri ed è oggetto di una contesa asprissima. Centinaia di intellettuali, e firme come quelle di Settis, Amato, il filosofo Bodei, Dario Fo e Franca Rame, la presidente di Italia Nostra Molfino, Tullio Gregory, contestano il ministro per i beni culturali Ornaghi per la nomina alla direzione dell'antica biblioteca Massimo De Caro, già consulente del precedente ministro Galant e confermato dall'attuale titolare del dicastero al Collegio Romano. Ne chiedono la rimozione perché, accusano, non avrebbe nessuna competenza in biblioteconomia e nel gestire una biblioteca di tale importanza ma il cui curriculum dovrebbe “essere vagliato non da una commissione di concorso, ma dalle autorità giudiziarie (sia pure con l’auspicio dell’innocenza)”. Il riferimento è a un procedimento, poi archiviato, sulla scomparsa di un libro antico per la quale De Caro è risultato indagato (ma non imputato).
Di seguito, ampi stralci dall'APPELLO
Signor Ministro,
Le scriviamo a proposito dello stranissimo e increscioso affare che riguarda l’attuale direzione della Biblioteca Nazionale dei Girolamini a Napoli, una delle biblioteche storiche più gloriose d’Italia, nata dalla passione culturale della congregazione di San Filippo Neri. Per volontà di Giovan Battista Vico, in essa confluirono i libri di Giuseppe Valletta: pegno vivo di una stagione in cui Napoli era un crocevia del pensiero filosofico europeo e vera capitale della Respublica literaria universale.
Dopo le enormi perdite e trasformazioni di altri fondi librari avutesi nell’Ottocento, Napoli possiede ormai quest’unico esempio particolare di biblioteca pubblica di origine preunitaria, magnificamente coerente nell’architettura e nelle raccolte in essa ospitate: un organismo che un tempo si affiancava perfettamente alle biblioteche universitarie e alla Nazionale, così come avveniva e avviene in altre antiche capitali italiane, dove però le analoghe biblioteche di origine conventuale, principesca o erudita sono state meno decimate, e svolgono tuttora una funzione preziosissima (si pensi all’Angelica, alla Casanatense, alla Corsiniana e alla Vallicelliana di Roma, o alla Laurenziana, alla Marucelliana e alla Moreniana di Firenze).
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Le chiediamo come sia possibile che la direzione dei Girolamini sia stata affidata dai padri filippini, con l’avallo del Ministero che ne è ultimo responsabile, a un uomo (Marino Massimo De Caro) che non ha i benché minimi titoli scientifici e la benché minima competenza professionale per onorare quel ruolo. E perché questa scelta sia stata fatta in un Paese e in un’epoca affollati fino all’inverosimile di espertissimi paleografi, codicologi, filologi, storici del libro, storici dell’editoria, bibliotecari, archivisti, usciti dalle migliori scuole universitarie e ministeriali, e finiti sulle strade della disoccupazione o della sotto-occupazione (call centers, pizzerie, servizi di custodia).
Le chiediamo inoltre di spiegarci come mai Marino Massimo De Caro, sebbene del tutto estraneo al mondo della biblioteconomia e della funzione pubblica, abbia avuto e abbia comunque curiose implicazioni con i libri, che lo portano tuttavia nel mondo del commercio, facendo emergere fin qui – sempre e soltanto – episodi degni di essere vagliati non da una commissione di concorso, ma dalle autorità giudiziarie (sia pure con l’auspicio dell’innocenza).
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Le chiediamo infine, nel riconsiderare con molta attenzione la scelta di Marino Massimo De Caro come direttore dei Gerolamini (nonché come Suo consigliere personale), di voler creare una commissione pubblica d’inchiesta sull’amministrazione passata e recente di questa biblioteca, prima che la memoria storica dei Gerolamini rimanga affidata soltanto a una maestosa architettura ferita e umiliata, tragicamente solitaria nel cuore di una rete mondiale di traffici rapaci.
LE FIRME
Francesco Caglioti - Gerardo Marotta - Nicola Capone, Assise della Città di Napoli - Mirella Barracco
Augusto de Luzenberger - Cesare de Seta - Andrea Graziosi - Alberto Lucarelli - Paolo Macry - Paolo Maddalena - Giulio Pane - Salvatore Settis - Giuliano Amato - Remo Bodei - Giulietto Chiesa - Marcello De Cecco Ennio Di Nolfo - Dario Fo e Franca Rame - Carlo Ginzburg - Tullio Gregory - Gioacchino Lanza Tomasi - Gian Giacomo Migone - Alessandra Mottola Molfino, presidente di Italia Nostra - Lamberto Maffei, presidente dell’Accademia dei Lincei - Dacia Maraini - Stefano Parise, presidente dell’Associazione Italiana Biblioteche - Adriano Prosperi - Stefano Rodotà - Raffaele Romanelli - Oliviero Toscani - Gianni Vattimo - Rosario Villari - Giuliano Volpe - Gustavo Zagrebelsky - Francesco Aceto - Giovanni Agosti - Alessandro Ballarin
Guido Bastianini - Nicola Bonacasa - Piero Boitani - Lina Bolzoni - Sara Bonechi - Evelina Borea - Edda Bresciani - Luigi Capogrossi Colognesi - Umberto Carpi - Costanzo Di Girolamo - Bruno Figliuolo - Maria Pia Guermandi - C. McIlwaine - Girolamo Imbruglia - Adriano La Regina - Donata Levi - Daniela Manetti - Marilena Maniaci - Marcella Marmo - Daniele Menozzi - Massimo Miglio - Nicolò Mineo - Tomaso Montanari - Salvatore Silvano Nigro - Matteo Palumbo - Antonio Pinelli - Filippo Maria Pontani - Gabriella Prisco - Amedeo Quondam - Anna Maria Rao - Andreina Ricci - Francesca Rigotti - Fiorella Sricchia Santoro - Alfredo Stussi - Mario Torelli - Edoardo Tortarolo - Carlo Vecce - Giovanni Vitolo - Fausto Zevi
fonte: unita.it